mercoledì 29 gennaio 2014

I Grandi Banyan dell'India


Il fiume Narmada. Sullo sfondo, nella metà destra, la chioma di Kabir Vad. Bharuch, Gujarat.


“Ho cercato un uomo corrotto, ma non ne ho trovato alcuno. Allora ho cercato dentro me, e l’ho trovato nel mio io” (Kabir Das)

Quello che segue è un resoconto parziale del viaggio che ho fatto in India per le recenti vacanze natalizie, in buona parte dedicato alla ricerca dei grandi Banyan del Paese. I quattro Alberi da me scelti sono disseminati per mezza India, talvolta poco conosciuti fuori dalle loro zone, faticosi da raggiungere, e non sono che una parte di quelli che varrebbe la pena conoscere. 
(Per le caratteristiche generali del Banyan, vedi Post Alberi Sacri dell’India: ilBanyan, Albero dei Desideri)

Il primo grande Banyan abita ad una trentina di chilometri da Bangalore, e da questa città comincia il mio viaggio. Bangalore si trova nel sud dell’India, conta quasi tre milioni di abitanti, e da tempo si è costituita come polo informatico del Paese. Qui si concentra buona parte del terziario avanzato dell’India, ed anche molti call center internazionali, delocalizzati quaggiù dai paesi ricchi del mondo. L’aeroporto è nuovissimo, ancora in fase di ultimazione, c’è una autostrada a sei corsie che conduce in centro, gli shuttles sono autobus Volvo nuovi di pacca. La città intera è un cantiere a cielo aperto: si sta costruendo la metropolitana sopraelevata, ed i palazzi nuovi, di foggia occidentale, spuntano come funghi. La zona centrale è completamente sventrata: oltre alla metropolitana, è prevista la realizzazione della nuova stazione degli autobus. Il traffico è insostenibile a qualunque ora, il caos è indescrivibile. La città è oramai al collasso ecologico: l’inquinamento da gas di scarico costringe i poliziotti che dirigono, si fa per dire, il traffico, ad indossare mascherine protettive, che rendono incomprensibile il loro continuo vociare. Quei densi fumi grigi in una giornata mi provocano il mal di gola.  Montagnole di plastica varia giacciono ai lati delle strade, in attesa di essere bruciate la notte. L’innata propensione indiana all’anarchia, si è qui tramutata in un parossismo acustico di clacson e motori sfiniti, che mette a dura prova qualunque pazienza. La storia si ripeterà non solo nelle grandi città che dovrò attraversare per raggiungere i miei alberi, ma anche nei centri minori, città da cinquantamila abitanti, che solo venti anni fa sarebbero state delle oasi di tranquillità.