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martedì 21 giugno 2016

Gangaji

La nera signora lo reclamò al nascere del nuovo giorno. Non ebbe fretta. Neppure l'aria sembrava aver fretta quel mattino, e pareva soffermarsi a giocare con i contorni delle cose, bagnandoli e ritraendosi come le onde del mare, (cambiando incessantemente la sua tensione, avvolgeva la terra e gli alberi, nascondendoli alla vista, squarci improvvisi ne permettevano poi visioni parziali, per rivelare infine forme completamente diverse). Il sole già sorto combatteva con le nebbie fumanti che nascevano come sogni passeggeri dal Grande Fiume. Il vecchio sedeva sulla riva, assorto nella sua contemplazione mattutina. Le rughe gli marcavano il volto come i nodi di un vecchio tronco, cicatrici perpetue di rami amputati. I lunghi capelli bianchi si confondevano con la rada barba, folte sopracciglie canute incorniciavano occhi senza età, vecchi come il mondo. A levante i raggi di luce cominciavano a frustare le tremanti increspature acquose, sollevando ondulanti lame di luce. Nella penombra di ponente ardevano gli ultimi bagliori dei fuochi della Foresta, accompagnando i rumori del risveglio del villaggio.

Lei era lassù, scendeva dal freddo Nord insieme al Fiume.



Il vecchio la vide, e la riconobbe subito, come se da sempre, in qualche luogo recesso della memoria, ne conservasse, celata e custodita, la Sua immagine prima. Comprese che veniva per lui, ed istintivamente provò paura. Il suo pensiero si accelerò improvvisamente come non mai, scavando tortuosi percorsi nelle sue esistenze dimenticate. Casualmente o necessariamente le connessioni logighe ed emozionali del suo flusso mentale apparivano assai differenti dalla normalità del suo quotidiano. Rapidissimi lampi squarciavano il suo passato, in cerca di immagini mai spente. Ritornava poi al presente, lo sguardo fisso all' inevitabile futuro. Vide scorrere mille volti, ma non avevano nè corpo nè dimensioni, rapidamente si sfuocavano e scomparivano. Dentro di se li sentiva irrimediabilmente lontani; seppur ricordava l'importanza che avevano avuto. Tutto quanto li riguardava era ormai scritto in un gran libro già letto e conosciuto, unità relative sintetizzate in frazioni infinitesimali di tempo destinate all' abbandono. Visti da quell' estremo limite, che senso avevano la sua vita china sui campi di grano, che senso le preghiere in riva al Fiume, le sue gioie sofferenze ed opere tutte? Ogni cosa trascorsa pareva partecipare di un piano completamente estraneo a quello che stava rapidamente prendendo corpo nelle radici profonde del suo cuore. Eppure, quanto era stata grandiosa quell'illusione di giovinezza, quel perdersi nell'infinito variare di forme, colori, persone e fatti. E con quanto impaccio aveva annaspato nel mare dell'esperienza alla ricerca di un lembo di terra ferma...

I suoi occhi corsero di nuovo verso il futuro, là lungo le acque. Lei sembrava indugiare, di certo non aveva ancora fretta. Le Sue vesti si distinguevano appena dalla foschia, di cui, impalbabili e mutevoli, sembravano compartire la sostanza.

Il vecchio si rese conto che qualcosa o qualcuno aveva afferrato le redini del suo io pensante; una rigida progressione gli faceva bruciare le tappe della Conoscenza. Intuì che sarebbe arrivato fino in fondo, fino al Grande Segreto, e, finalmente di fronte a Lui, avrebbe spento la coscienza corporea nell'abbraccio della Morte. La paura era sempre forte.

Il sole già sorto combatteva ancora con la nebbia fumante che saliva dal Grande Fiume. L' aria non aveva alcuna fretta quella mattina.


Il vecchio si sorprese a sorridere. Che senso aveva ormai il Tempo? Il suo era così limitato, che d'incanto era scomparso, il presente dilatato all'infinito, in una percettibile vibrazione di passato e futuro. "Inesplicabile mistero, il tempo segna il nostro cammino". Sempre più velocemente si erano succeduti i raccolti del riso e del grano, le stagioni delle pioggie, le feste sacre e profane. Ed ora, quel Tempo, l'aveva in mano. Avrebbe voluto rimanere sospeso per sempre in quell'istante, e rimandare la Sua venuta all'infinito, con l'ultimo respiro trattenuto per l'eternità. Forse avrebbe anche potuto, se non fosse stato attirato inesorabilmente da quella trama che quel "qualcuno" interiore gli stava facendo percorrere verso il gran finale.

Senza fretta Lei scendeva. Non poteva andare più lenta ne più veloce, perchè doveva raccogliere il vecchio in un istante prestabilito dai fatti e non dal tempo. Era la Legge delle Cose.

Di nuovo aprì gli occhi intorno a se. Il Grande Fiume scorreva, enorme massa di energia liquida. Quante volte era sceso fino alle sue rive! Ogni mattina lungo tutti quegli anni, fin dove la sua coscienza ne serbava memoria, gli aveva reso omaggio, lo aveva ringraziato per la vita che dispensava, aveva messo in moto le energie del proprio corpo al contatto con le sue acque. Negli ultimi anni, poi, aveva preso a scendervi anche nel pomeriggio. Sedeva sotto le copiose fronde dell' immenso pipal che cresceva proprio sopra l'argine, meditando mentre la luce del giorno lentamente si spengeva. Amava quell'albero, per la visione privilegiata che consentiva del fiume, sembrava di essere affacciati ad una finestra. Conosceva ad uno ad uno i disegni dei rami e delle foglie, e quelle mille radici inginocchiate tra aria e terra; lo osservava cambiare continuamente le sue forme, giorno dopo giorno, anno dopo anno. Ed ancor più amava Gangaji. Da lei giungeva l' energia che cresceva i raccolti nei campi, che lavava le sventure e le malattie, che sembrava infondere vita a tutte le cose a Lei vicine. Madre infinita, momento rigeneratore quotidiano. Per sempre li salutava : alberi e fiori, colori ed uccelli, sogni e paure. Il vecchio si scoprì affaccendato in questi pensieri. Ma non fece in tempo ad accorgersi del suo indugiare, che già era oltre, di nuovo inesorabilmente spinto nella Sua direzione.

Il sole già sorto combatteva ancora con le nebbie fumanti che salivano dal Grande Fiume.

Niente si era mosso, quell' attimo infinito continuava ancora. Che senso avevano ormai le distanze tra gli oggetti ed i rapporti tra le dimensioni ? Mentre tutto appariva libero da definizione, laddove si erano annullate dimensioni, tempo e qualità, il vecchio percepì la sua coscienza strabordare in vibrazioni di pura luce che si intersecavano con un'identica matrice luminosa ed omnipervadente.

Qualcosa dentro di lui si stava accelerando vertiginosamente. Fu una irresistibile sensazione ascendente, che annullò definitivamente ogni coscienza corporea. Si trovò nudo di fronte al Se supremo, ed immediatamente capì. Ricordò in un lampo tutte le altre volte che già aveva varcato quella soglia, vivendo quell'identico terribile momento. Ed in ognuno di quei trapassi, alla ineffabile percezione della Verità Unica si era unito lo sgomento senza uguali di averla raggiunta troppo tardi, nell'attimo che concludeva il tempo assegnato, unito alla certezza di dover ricominciare presto o tardi una nuova esistenza, in un altro corpo.

Al culmine dell' accelerazione se La trovò di fronte. Non aveva volto nè corpo nè consistenza, solo lunghi teli intessuti di nebbia. Si sentì ricoprire da quell' umide vesti, con il viso immerso nel Suo cappuccio. I suoi occhi guardavano ormai dall' altro lato dell'esistenza.

Il sole si era alzato decisamente dalla palude terrena. Le brezze del mattino increspavano le acque di Gangaji. Finalmente libere, giocavano pure con l'azzurro pallido del cielo.

f.p.
Cominciato chissà quando sulle rive di Gangaji, terminato al Demonio il 25 giugno 1995.

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