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venerdì 22 ottobre 2010

Storie di Alberi: Dafne ed Apollo

Dafne fu il primo amore di Apollo, un amore suscitato non  dal cieco Destino, ma dalla tremenda ira di Cupido. Dopo una accesa disputa con Apollo, su chi fosse più glorioso, Cupido, assai arrabbiato, scagliò dalla vetta del Parnasso due frecce dagli effetti opposti: l'una, dorata ed appuntita, destinata a suscitare amore, l'altra, di piombo e spuntata, a tenerlo lontano. Con la prima freccia centrò Apollo, che si innamorò immediatamente di Dafne; con l'altra colpì la fanciulla che, inorridita dal nome stesso dell'amore, se ne fuggì da lui e da tutti gli uomini, e si rifugiò nel profondo di una impervia foresta. Alle suppliche del padre Peneo, affinchè si sposasse e gli desse dei nipoti, Dafne risponde dolcemente, chiedendogli di poter mantenere per sempre la sua verginità, così come il padre degli dei aveva già concesso a Diana.
Apollo era completamente perso nel suo sentimento "... come la secca stoppia va in fiamme appena mietute le spighe, come bruciano le siepi per una fiaccola qualora un viandante casualmente ve l'abbia accostata troppo o ve l'abbia abbandonata sul far del giorno,così il dio fu preda del fuoco, così arde in tutto il cuore e nutre un vano amore..."
Dafne però, più veloce del vento, schivava le attenzioni del dio, e nonostante questi cercasse di lusingarla, ricordandole la propria natura divina, la discendenza da Giove, la fama e la gloria acquisite, continuava a fuggire nella foresta. Apollo, stanco e sconsolato per i continui rifiuti, cominciò a correrle dietro con passo più svelto, spinto dalle ali dell'amore ed animato dalla speranza di averla, finchè alfine la raggiunse. La fanciulla, sentendosi persa ed in procinto di essere sopraffatta, supplicò gli dei di trasformare quelle sue umane sembianze che le avevano attirato le mire di Apollo.
Aveva appena terminato di pregare, che un pesante torpore invase il suo corpo: il delicato petto venne avvolto da una sottile corteccia, i capelli si tramutarono in foglie, le braccia in rami. I suoi piedi, prima così veloci nel fuggire, divennero radici immobili, ed il volto una cima di albero: dell'antico essere, le rimase solo l'accecante bellezza. Apollo continuava comunque ad amarla, ed appoggiandosi al tronco poteva ancora sentirne il cuore battere leggero sotto la corteccia.
Infine, il dio disse: "Visto che non potrai divenire la mia sposa, sarai dunque il mio albero. La mia chioma, la mia cetra, la mia faretra, o Alloro, saranno da te adornate. Tu incoronerai i generali vittoriosi, tu sarai appesa alle porte della dimora di Augusto e la proteggerai. E come la mia testa giovanile è coperta da una folta capigliatura, così anche tu avrai l'onore di rivestirti in eterno di foglie sempreverdi."
In questo modo nacque la pianta dell'Alloro.

Tratto dalle Metamorfosi di Ovidio (libro I, 453-566) 

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