Albero di Neem (Azadirachta indica). Orchha, Madhya Pradesh |
“Dove cresce il Neem, non c’è posto per la morte e per la malattia” (Antico proverbio indiano)
Una mattina di tanti anni fa, durante uno dei miei primi
viaggi in India, chiesi ad un anziano signore, seduto placido e beato sotto un
grande albero, con lo sguardo rivolto verso la chioma, che specie di pianta
fosse quella. “E’ un Neem – mi rispose gentilmente – E’ la farmacia del nostro
villaggio. Sto aspettando che apra”. La seconda parte della frase mi sembrò
alquanto bizzarra. Rimasi comunque a fare due chiacchiere con il vecchio, e
dopo poco nella strampalata chioma dell’albero apparve un gruppetto di scimmie
rosse, che si misero insieme a rosicchiare dei rametti. Vuoi il rosicchiamento,
vuoi il peso e l’agitazione degli ospiti, alcuni rametti si spezzarono e caddero
ai piedi del tronco. Il vecchio allora si alzò, li raccolse, li mise
accuratamente in una borsa di tela, mi salutò sorridendo e se ne andò verso i
fatti suoi.
Il Neem è
sicuramente una delle piante più conosciute ed amate dell’intera India, oltre che
delle più utili ed apprezzate, in virtù delle sue straordinarie proprietà. Come
ebbi a leggere su una pubblicità di un periodico locale: “Il Neem vi assicura
la copertura medica dalla culla alla pira funeraria”. Enunciato efficace, ed
indiscutibilmente vero. Da almeno 4.000 anni le foglie, i frutti, i semi, i
fiori e la corteccia del Neem, o loro estratti e derivati, sono utilizzati non
solo come medicinali, efficaci nel trattamento di numerosissime malattie
dell’uomo e degli animali, ma anche per produrre cosmetici, dai saponi ai
moderni dentifrici, ed in campo agricolo, per combattere le malattie
parassitarie delle piante, come ammendante per il terreno, e per conservare i
prodotti alimentari.
Neem. Khajurhao, Madhya Pradesh |
Albero sempreverde, oltrepassa tranquillamente i 20 metri
di altezza (può raggiungere i 35 metri), ed i due metri e mezzo di
circonferenza; ha una aspettativa di vita relativamente breve, che non supera
in genere i 200 anni di età. La chioma degli adulti è spesso fortemente
asimmetrica, costituita da una disordinata geometria di rami, sparati in tutte
le direzioni, ed è coperta da una gran quantità di fogliame. Ha foglie composte
lungamente picciolate, portate a mazzi sulle punte dei rametti, formate da 4-8
paia di foglioline e da una terminale: i margini delle singole foglioline sono
asimmetrici e dentati. I piccoli fiori bianchi, riuniti in infiorescenze
pendule, hanno cinque petali e ricordano una stella; compaiono abbondanti in
primavera e si aprono nel pomeriggio, diffondendo nell’aria un profumo
delicato, che si accentua nelle ore notturne. Da ogni fiore si sviluppa un
piccolo frutto carnoso simile ad una oliva, di colore giallo brillante quando
maturo, dolce ma non commestibile, che contiene un solo seme. E’ specie molto
rustica, tollera la siccità ed i tremendi calori della stagione pre-monsonica
(fino a 50 °C); vive in ogni tipo di suolo, eccetto quelli troppo umidi, e
svolge una efficace azione di protezione e miglioramento del terreno. Raro nei
boschi, viene piuttosto piantato e cresciuto lungo le strade, ed intorno alle
abitazioni, con lo scopo di purificare l’aria e di conferire buona salute a
coloro che vi abitano. (Benefici già citati nel Brihat Samhita, un testo
del sesto secolo dopo Cristo).
L’area d’origine è incerta, anche se si crede che derivi dal
Myanmar del nord; è comunque naturalizzato in tutte le zone aride del sub
continente indiano, esclusa la zona himalayana, fino al Pakistan ed
all’Afghanistan. E’ stato inoltre diffuso in Indonesia ed in numerosi altri
paesi della fascia tropicale, portato sia dalle colonie di emigranti indiani,
che introdotto per le sue qualità, in particolare in campo agricolo. Parente
stretto del Mogano (ed anche della Melia azedarach, specie reperibile
nei vivai italiani, molto spesso confusa con il Neem), appartiene alla famiglia
botanica delle Meliaceae. Il nome della pianta deriva dall’appellativo
sanscrito Nimba, che significa “Colui che concede buona salute”, a
ribadirne le virtù terapeutiche, così come altri epiteti con cui è designato
nelle antiche scritture, quali Arishta, “il liberatore dalle malattie”, Pinchumada,
“il distruttore della lebbra”, Sarva roga nivarini, “colui che guarisce
tutte le malattie”, ed altri ancora. In inglese è conosciuto come Margosa Tree;
la denominazione scientifica Azadirachta indica, infine, riprende
il nome persiano Azadirakhti,
che letteralmente significa “l’albero libero dell’India”.
Foglie di Neem |
Nel suo aspetto di albero sacro, in quanto considerato di
origine divina, il Neem è associato a divinità femminili, principalmente Shitala,
ma anche Kali, Durga e Ganga. Shitala Devi (che nel sud dell’India prende il nome di
Mariamman), emanazione della Madre Divina, è la dea indù del vaiolo, di cui
costituisce sia la causa che la cura, quasi a suggerire che il bene ed il male
sono indissolubilmente legati tra loro. La Dea è rappresentata come una giovane
donna a cavallo di un asino, con quattro braccia. Nelle quattro mani porta una
scopa (che in alcune immagini è un rametto di Neem), con cui spazza via
polvere, germi e virus, un vaglio con cui raccoglierli, una coppa dove vengono
conservati, ed un anfora di acqua del Gange, con cui purificare. Il suo nome
significa “colei che raffredda” (riferito alla febbre); il suo consorte, assai
curiosamente, è Jvarasura, il demone della febbre. E’ credenza diffusa
che Shitala viva nell’albero del Neem, laddove viene particolarmente venerata
nell’ottavo giorno del mese indiano di Chaitra (marzo-aprile). Questa
festa ricorda la necessità dell’igiene personale e casalinga nel periodo che
precede l’arrivo della stagione calda, il quale effettivamente in India
corrisponde al periodo di maggiore diffusione di ogni tipo di malattia. Quando
in India il vaiolo era ancora una malattia diffusa, si usavano le foglie del
Neem, santificate dalla presenza della dea, come cura; nella tradizione
popolare ci sono diverse canzoni che contengono accorati appelli fatti a
Shitala affinchè guarisca un congiunto od una persona cara. Per i Doms
dell’Uttar Pradesh (la casta che tra l’altro si occupa delle cremazioni)
è invece la terribile dea Kali ad abitare gli alberi di Neem, e depongono ai
loro piedi rappresentazioni in pietra della dea, particolarmente venerate ed
omaggiate.
Tra le storie mitologiche che narrano l’origine dei poteri
divini della pianta, la più conosciuta è quella legata alla Battitura
dell’Oceano di Latte, raccontata nel Mahabharata ed in alcuni Purana.
Gli Dei, indeboliti a causa di una maledizione lanciata dal saggio Durvasa,
offeso da Indra, il re degli dei, si accordarono con i Demoni per battere
l’Oceano di Latte, al fine di ricavarne l’amrita, il nettare
dell’immortalità, che avrebbero poi diviso tra loro in parti uguali.
Utilizzando il Monte Meru come bastone per la battitura, ed il re dei serpenti Vasuki,
la cui testa era tenuta dai Demoni e la coda dagli Dei, come corda per fare
ruotare il bastone, si misero insieme a montare l’Oceano. Da questa operazione
sarebbero emerse la luna, la mucca, e diverse divinità e tesori, tra cui, per
rimanere nell’ambito degli alberi, il Kalpavriksha (l’albero dei
desideri) ed il Parijata (Nyctanthes arbor-tristis, il Gelsomino
notturno, uno degli alberi del paradiso di Indra). Infine, apparve Dhanvantari,
il medico degli Dei, con in mano una coppa colma di nettare. Nonostante le
buone intenzioni iniziali, gli Dei e i Demoni ingaggiarono subito battaglia per
impossessarsi della coppa: dopo varie peripezie gli dei riuscirono ad
impadronirsene, la bevvero ed affidarono quanto rimaneva al mitico uccello
Garuda, perché la portasse al Paradiso di Indra. Durante il suo volo, alcune
gocce di nettare caddero sulla terra, su di un albero di Neem, che da allora fu
benedetto per l’eternità, acquisendo le sue miracolose proprietà guaritrici. (Altre
quattro gocce di amrit caddero sui luoghi dove sorgono oggi le città di
Haridwar, Nasik, Ujian e Allahabad, e da allora, ogni tre anni a rotazione,
nelle quattro località si tiene il Kumbha Mela, la più grande festa religiosa
di tutta l’India). In un altro mito si racconta che Surya, il dio del
sole, si rifugiò in un albero di Neem per sfuggire ai demoni che lo stavano
inseguendo: questa tradizione da adito alla credenza indù che colui che nella
sua vita pianti tre alberi di Neem rinasca per tre epoche nel Suryaloka
(il mondo del sole).
Murti di Gangaji ai piedi di un Neem. Kadiri, Andhra Pradesh |
Numerose sono le leggende popolari legate al Neem nel
folklore locale e tribale. Diverse riguardano i serpenti: così è credenza
comune che una persona che vive del cibo cucinato su fuoco di legna di Neem,
non verrà mai ucciso dai serpenti (attenzione, non è cosa da
poco, se si considera che ogni anno in India muoiono migliaia di persone per il
morso di rettili, cobra in primis!). In alcune regioni se un uomo non è
certo di essere stato morso, gli vengono date da masticare
alcune foglie della pianta: se avverte ancora il sapore amaro, si è sicuri che
non è stato addentato. Nella città di Ahmednagar se un uomo era morso da un serpente, veniva immediatamente
portato al tempio di Bhairav, e gli venivano date da mangiare foglie di Neem
mescolate a pepe nero, mentre il sacerdote cercava di rimuovere il veleno
recitando mantra e toccando il paziente con un mazzo di foglie.
Le foglie del Neem sono usate in vario modo per scacciare
e tenere lontani gli spiriti malvagi. Se un uomo è posseduto da uno spirito, si
tenta di scacciarlo bruciando delle foglie e facendogli annusare il fumo. Per
tenere lontani i demoni, piccoli legni di Neem vengono bruciati dentro delle
ciotole poste accanto alle porte. Nell’India del Nord, si crede che le sue
foglie proteggano le persone dagli spiriti dei morti sulla via del ritorno a
casa dal crematorio, rimuovendo pure gli effetti negativi causati dal contatto
con i cadaveri. Nelle aree rurali del Maharashtra e del Gujarat, quando nasce
un figlio, alla porta della stanza viene appeso un vaso di terracotta, riempito
di urina e di foglie di Neem, sempre con lo scopo di tenere lontani gli spiriti
maligni.
Nell’India orientale, nel legno di Neem sono scolpite le
immagini delle popolari divinità Jagannatha, Balabhadra e Subhadra,
rappresentate senza braccia e con le facce stilizzate, dagli enormi occhi
aperti.
Tempio di Gangaji. Kadiri, Andhra Pradesh |
Dalla comparsa dei tre grandi sistemi di medicina indiana,
Ayurveda, Siddha e Unani, il Neem è sempre stato uno degli
ingredienti principali dei preparati utilizzati per curare numerose malattie,
da solo od insieme ad altre erbe. Per rimanere all’Ayurveda, forse il sistema
più diffuso in India, e sicuramente il più conosciuto in Occidente, due dei
suoi testi fondamentali, il Charaka Samitha, scritto tra il 5° ed il 6°
secolo AC, ed il Susruta Samitha, attribuito al 4° secolo DC (ma
ambedue i testi sarebbero sistematizzazioni di una conoscenza tramandata
oralmente, che viene fatta iniziare circa 2.000 anni prima di Cristo),
citano il Neem in almeno un centinaio di ricette. In India il numero e la
tipologia di malattie che da innumerevoli secoli sono trattate con prodotti
derivati dal Neem, è semplicemente impressionante. In una lista per forza di
cose arruffata ed incompleta, si va dai problemi e dalle malattie della pelle
(tagli, bruciature, irritazioni, herpes, eczema, acne, psoriasi, funghi,
forfora, scabbia) alle infiammazioni delle gengive, alla piorrea ed alla
prevenzione delle carie. Ogni mattina milioni di indiani si lavano i denti
masticando fini rametti di Neem all’uopo tagliati e venduti per strada (hanno
un gusto assai amaro, e bisogna abituarcisi!), ed è questa una delle
ragioni delle dentature bianche e sane che sfoggiano nei loro sorrisi. Con il
Neem si curano il raffreddore e gli stati febbrili, con efficacia doppia
rispetto all’aspirina, e gravi malattie quali malaria, tubercolosi, morbillo,
lebbra ed epatite, oltre alle infermità a trasmissione sessuale (candida,
clamydia, gonorrea, sifilide). E’ impiegato inoltre per abbassare la pressione
sanguigna ed il colesterolo, per curare gastriti, ulcere intestinali, diarrea ed emorroidi, per i problemi di
ordine nervoso e per debellare ogni genere di parassita interno, della pelle e
del cuoio capelluto. Recenti ricerche stanno valutando l’impiego del Neem in
campi che sembrano avere prospettive molto interessanti: nella cura del cancro,
del diabete, delle allergie, come fluidificante del sangue, oltre che come
spermicida (che inibirebbe fortemente anche la sopravvivenza di eventuali virus
HIV) e come anticoncezionale orale per l’uomo (laddove indurrebbe una sterilità
a tempo, reversibile). Volendo sintetizzare, ai derivati del Neem sono
riconosciute, oramai anche dalla scienza ufficiale, proprietà stimolanti del
sistema immunitario, antisettiche, antinfiammatorie, antibiotiche, antivirali,
antimicotiche ed antiparassitarie. Niente male, per una sola pianta! Pur
trattandosi di medicine, da prendere quindi con le cautele del caso, i prodotti
a base di Neem hanno una bassissima tossicità per l’organismo, con una
incidenza quasi nulla di effetti collaterali.
Nelle preparazione dei medicinali, vengono utilizzate sia
le foglie, che la corteccia ed i semi. Le foglie, raccolte, lavate e poi
seccate all’aria aperta, sono usate sia intere che finemente polverizzate,
ingerite come tali, oppure sotto forma di infusione o di tintura alcolica e,
nelle formulazioni più moderne, in compresse per uso orale; la polvere si
impiega anche come base per creme e preparati per uso esterno. La corteccia,
che risulterebbe la più ricca di composti che stimolano la produzione di
anticorpi, e quindi il rafforzamento del sistema immunitario, viene
polverizzata, e si adoperano poi estratti acquosi od alcolici. Grazie alla loro
disponibilità durante tutto l’anno, ed alla facilità d’estrazione dei principi
attivi, le foglie e la corteccia sono stati nell’antichità gli ingredienti
principali dei medicamenti a base di Neem. In epoche successive, si è affermato
l’uso dell’olio estratto dai semi, conosciuto come Margosa Oil, od olio di Neem
in italiano. Per produrre l’olio, i frutti sono raccolti subito dopo la stagione
delle piogge ed immediatamente spolpati; i semi sono poi seccati ed avviati
all’ estrazione. L’antico metodo tradizionale indiano, ancora in uso a livello
casalingo o semi artigianale, estrae l’olio per mezzo di una semplice
pressatura meccanica, che avviene in una sorta di grosso mortaio di legno dal
fondo reso scabroso, collegato ad un pestello con la base metallica. Il mortaio
viene riempito di semi, e viene messo in rotazione dal girotondo di due buoi;
il pestello frantuma i semi, e l’olio si accumula sul fondo, da dove fuoriesce
attraverso una semplice apertura circolare. L’olio che si ottiene è piuttosto
grezzo, e va per lo meno filtrato, ha colore scuro ed è molto amaro (come
d’altronde lo sono anche le foglie ed i rametti), con un forte odore di aglio,
ma mantiene intatti pressoché tutti i suoi principi attivi. A livello
industriale l’estrazione avviene oggi mediante l’uso di solventi chimici
(principalmente esano), che oltre a non estrarre diversi principi, insolubili
nel solvente, pone inquietanti interrogativi sui possibili residui tossici
nell’olio. Nel mezzo a questi due estremi, si situano diverse imprese
manifatturiere consapevoli, che curano ogni fase del processo, dall’uso di semi
da agricoltura biologica, alla raccolta del frutto verde sulla pianta, alla essiccazione in atmosfera controllata,
fino all’estrazione meccanica a freddo con moderne presse per olio, ottenendo
un olio limpido e privo di odori, ottimo come base per produrre medicinali.
Orchha, Madhya Pradesh |
In India uno degli impieghi più importanti dell’olio di
Neem, alcune decine di migliaia di tonnellate all’anno, è nella produzione di
saponi, nell’ambito di quello che è il secondo grande filone di prodotti
derivati dal Neem, ovvero i cosmetici. Oltre che per i saponi, l’olio è un
ingrediente di base di vari tipi di shampoo, dentifrici e creme ed oli da
massaggio, mentre per le creme facciali si preferisce l’uso di estratti
fogliari. Tutti questi prodotti vengono usati quotidianamente per l’igiene
personale, contribuendo alla buona salute di pelle, capelli, denti e gengive,
ma anche come prodotti curativi per la maggior parte delle malattie che
affliggono queste parti del corpo.
L’agricoltura e l’allevamento degli animali sono il terzo
grande campo d’impiego tradizionale del Neem; il suo uso per incrementare la
fertilità del suolo e per curare piante e bestiame è consigliato già nell’Upavanavinod,
un antico trattato in sanscrito sull’agricoltura. Oltre all’uso come
insetticida, di cui si dirà in seguito, il Neem viene da sempre utilizzato per
la conservazione post-raccolta degli alimenti, sia dipingendo i magazzini con
una vernice fatta con estratti di Neem, argilla e deiezioni di vacca, che
cospargendo i prodotti con olio di Neem, o mescolandoli con foglie secche. La
conservazione con olio è garantita per almeno un anno e mezzo, senza che si
abbiano rilevanti perdite di valore nutritivo. I panelli che residuano
dall’estrazione dell’olio, vengono dati come integratore alimentare al
bestiame, oppure incorporati al suolo durante le lavorazioni in veste di
fertilizzante, che risulta molto ricco di elementi nutritivi, stimola lo
sviluppo dei benefici lombrichi e dei vermi terricoli, ed elimina i pericolosi
nematodi ed altri parassiti che vivono nel suolo. Anche diverse malattie degli
animali sono curate con prodotti a base di Neem, usati pure per tenere lontani
parassiti ed insetti nocivi, lavando gli animali con olio diluito, o
semplicemente aggiungendo foglie di Neem al loro mangime.
Una ulteriore eccellente proprietà del Neem e quella di
essere uno dei più potenti repellenti per gli insetti che si conoscano. In
questa veste è usato per la protezione personale, casalinga e degli animali
domestici, da zanzare, zecche ed altri insetti molesti e nocivi. Ricerche
scientifiche sono state intraprese per valutare l’efficacia del Neem nel
prevenire la malaria, attraverso il controllo delle zanzare che ne
costituiscono il vettore di trasmissione. Nelle coltivazioni di riso,
sommerse d’acqua per buona parte del
ciclo, e quindi luoghi ottimali per la riproduzione delle zanzare, si è provato
a rivestire con estratti di Neem i concimi normalmente somministrati,
raggiungendo risultati sorprendenti: non solo si è ridotta drasticamente la
quantità di zanzare, ma si sono anche avuti significativi aumenti di
produzione.
Il legno, di bell’aspetto e molto durevole, è impiegato
sia come combustibile, che per costruire attrezzi agricoli, carri, barche,
ponti ed oggetti di artigianato. E’ ovviamente resistente agli attacchi di
insetti, in particolare a quelli delle terribili termiti. I fiori, infine, sono
assai visitati dalle api, e se ne ricava un miele dal sapore assai amaro.
Negli ultimi 50 anni circa, le indagini biomolecolari
hanno isolato oltre un centinaio di molecole responsabili delle proprietà del
Neem, mentre altre restano ancora sconosciute, se non altro per quanto riguarda
i meccanismi d’azione, così come non è stato ancora possibile valutare in pieno
l’effetto sinergico dei vari componenti. I principi attivi più comuni, ed anche
i più studiati, sono la nimbina (antinfiammatoria ed antistaminica), la nimbidina
(antibatterica, analgesica, antimicotica e antiaritmica), il nimbidolo
(antipiretico ed antitubercolare), la gedunina (vasodilatatrice ed
antimalarica), il nimbinato di sodio (diuretico, spermicida ed anti
artritico), la quercetina (antiossidante, antinfiammatorio e
battericida), la salannina (repellente degli insetti) e l’azadirachtina
(insetticida). Questi composti sono presenti nelle foglie e nella corteccia, ma
anche nei fiori e nel legno, e risultano particolarmente concentrati nell’olio
ottenuto dai semi.
Neem nelle campagne di Varanasi |
Nel mondo occidentale le proprietà del Neem sono rimaste a
lungo sconosciute o poco apprezzate: paradossalmente, è proprio l’ampio spettro
di azione dei suoi derivati che ha portato a sottostimarne le virtù in campo
terapeutico, in una cultura medica abituata a proporre un diverso rimedio per
ogni malattia. Comunque sia, stanno proliferando sia in USA, che in Giappone
ed in altri paesi, i brevetti relativi a numerosi composti presenti nella
pianta, od a processi estrattivi e di
potenziamento degli stessi. Se questa è una conferma indiretta della veridicità
di quanto la medicina e la cultura popolare indiane conoscono da sempre, la
questione dei brevetti sulle sostanze naturali presenti nelle piante (che sta
interessando diversi altri antichissimi prodotti tradizionali), apre la porta a
pressanti interrogativi di ordine morale e legale su quanto sia lecito che
l’industria occidentale espropri conoscenze millenarie, dilemma sfociato in
diverse azioni legali di opposizione da parte del governo indiano. Lo stesso
governo, sta da tempo valutando l’ipotesi di proibire l’esportazione dei semi, e
consentire solo quella dell’olio e di altri derivati, di modo che il valore
aggiunto di queste produzioni resti per la maggior parte in India.
A tutt’oggi, è in agricoltura che il Neem ha acquisito il
maggior rispetto ed importanza al di fuori dell’India. Uno dei componenti
dell’olio estratto dai semi, l’azadirachtina, è infatti un potentissimo
insetticida, in grado di controllare oltre 200 differenti specie di insetti
dannosi per le coltivazioni. Esso non uccide direttamente i parassiti ma, una
volta spruzzato sulla coltura da difendere, impedisce agli insetti di nutrirsi,
e li porta a morte per fame; riduce anche la loro capacità di riprodursi,
aumentando la percentuale di uova sterili. Altri composti presenti nell’olio,
funzionano inoltre come repellenti. Seppure in misura minore, all’olio di Neem
sono attribuite anche efficaci proprietà contro i virus e le crittogame che colpiscono
le piante. Fatto molto importante, i prodotti a base di Neem non sono tossici
per animali e per l’uomo, e non colpiscono gli insetti utili quali le api;
sembra inoltre che non generino fenomeni di resistenza nelle popolazioni dei
patogeni. Il risultato di tutto ciò, è che l’ azadirachtina è uno dei
pochissimi principi attivi (si contano sulle dita della mano) consentiti in
agricoltura biologica, sia in Europa che negli USA, e costituisce un prezioso
alleato per la protezione delle coltivazioni agrarie, senza ricorrere ai
micidiali insetticidi chimici, così devastanti per la salute dell’uomo e per
l’integrità degli ecosistemi e dell’ambiente in generale.
Neem, bufali e Kanaya |
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RispondiEliminase il neem viene irrorato a terra ha dei benefici la pianta? per esempio mi piacerebbe sapere se utilizzandolo in foma nebulizzata sul terreno, esso può inibire le larve di mosca dell'ulivo? e ancora, nebulizzandolo sulla pianta esso può contrastare l'invasione della mosca come anche la tignola?
RispondiEliminaNon credo sia efficace per la mosca dell'olivo, e neanche che vada irrorato sul terreno,ma bensì sulle piante.
EliminaSi può far crescere in Italia?
RispondiEliminaSi può far crescere anche in Italia. Nei vivai si trova una pianta assai simile, La Melia, talora spacciata per Neem
EliminaNon riesco a trovare un sito con cui acquistare una piantina di neem...me ne sapete consigliare uno?
RispondiEliminaNon riesco a trovare un sito con cui acquistare una piantina di neem...me ne sapete consigliare uno?
RispondiEliminaNon trovo dove comprare la piantaAzadirachta Indica
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