Foglie di Peepal (Ficus religiosa Linn.) |
“ Con le radici in alto, ed i rami in basso
sta l’eterno Aswattha,
le cui foglie parlano come i canti vedici:
colui che lo conosce, conosce i Veda.
In alto ed in basso si estendono i suoi rami,
alimentati dai modi dell’esistenza,
i suoi germogli sono gli oggetti dei sensi,
le sue radici si prolungano in giù nel mondo degli
uomini, legate alle azioni”
(Baghavad Gita, Cap XV, 1-2)
Questi versi della Baghavad Gita decretano
l’importanza dell’ Aswattha, antico nome sanscrito dell’albero
oggi chiamato Peepal (Ficus religiosa Linn.), nell’ambito
del pensiero filosofico indiano. Il Peepal diviene qui simbolo dell’Albero
della Vita (ma in altri contesti è l’Albero Cosmico o l’Albero della
Creazione), le cui radici risiedono nell’Essere Supremo, il Brahman, ed
i cui rami rappresentano il mondo fenomenico, secondo una immagine già presente
nella Katha Upanishad, componimento del sesto secolo avanti Cristo.
Albero secolare di Peepal (Ficus religiosa) - Bodh Gaya, Bihar |
Il Peepal, effettivamente, è stato ed è tuttora il
più importante tra gli alberi sacri dell’India, per la venerazione popolare di
cui è fatto oggetto, per la quantità di citazioni nei Libri Sacri, per
tradizioni e leggende che lo riguardano. A detta del caro amico Bandu, anzi, il
Peepal ed il suo parente stretto, il Banyan (Ficus benghalensis Linn.),
sono gli unici due alberi sacri dell’India. Limitazione inesatta, ma che la
dice lunga sulla popolarità di queste due stupende specie arboree. Dalle
pendici inferiori dell’Himalaya alla lontanissima estremità meridionale del
subcontinente indiano, attraverso le grandi pianure del Gange e gli altopiani
centrali, giovani alberi e possenti vegliardi secolari punteggiano villaggi e
città, proteggono templi, marcano incroci di fiumi e di strade, costeggiano
sentieri, estremamente amati e rispettati da tutti. Sono tenuti in tale
riverenza dagli indiani, che non
possono essere tagliati o danneggiati: spesso i loro rami caduti
accidentalmente, restano al suolo per decenni, completamente intoccati.
Esemplari oramai compressi nelle forme dalle costruzioni adiacenti, ed
asfissiati dal terribile traffico cittadino, resistono impavidi anche nel cuore
dei grandi centri urbani, quali Delhi e Calcutta. Nei villaggi di campagna, e
quasi ogni villaggio ne ha almeno uno, possono sviluppare immense chiome ed
enormi tronchi, spesso dipinti di arancione o di giallo, ed oltre che di
devozione e preghiera divengono anche luogo di incontro tra persone, o di
semplice riposo alla loro densa ombra. Singolare è il fatto che, per quanto mi
è dato di conoscere, il Peepal non forma boschi puri di una qualche estensione,
ma ha invece una diffusione puntiforme, per esemplari solitari, e sempre
collegata ad ambiti antropizzati, siano città templi o luoghi sacri. Come se
fossero divenuti a pieno titolo parte della comunità, come se avessero
abbandonato il mondo vegetale per entrare nel mondo degli uomini.
Peepal con murti di Durga sulla riva sinistra del Gange ad Hardwar |
La prima raffigurazione conosciuta che riguarda la
sacralità degli alberi, è in uno dei sigilli rinvenuti a Moenhjo Daro, città
culla della civiltà pre-ariana della Valle dell’Indo, databile tra il quarto ed
il terzo millennio avanti Cristo, e rappresenta per l’appunto un albero di
Peepal stilizzato, con una Dea dalle lunghe corna sotto le sue foglie.
Sigillo di Moenhjo-Daro. Terzo millennio avanti Cristo |
E’
possibile supporre che in quella remota epoca il Peepal fosse legato ai riti di
fertilità e ne costituisse un simbolo: questo legame è comunque rimasto ben
saldo nel corso dei secoli, tanto è che ancora oggi nei villaggi dell’India
rurale a lui si rivolgono, con preghiere ed offerte, le donne che non riescono
ad avere figli, perché conceda loro il dono di una discendenza .
Principalmente gli Hindu associano il Peepal al dio
Vishnu, ritenendo l’albero la sua stessa manifestazione; si crede inoltre che
Vishnu sia nato sotto una pianta di Peepal, e da neonato abbia disceso un fiume
utilizzando una sua foglia come imbarcazione. Krishna stesso (avatar,
ovvero incarnazione di Vishnu), illustrando ad Arjuna le sue manifestazioni
divine, dice: “Di tutti gli alberi io sono l’Aswattha” (Baghavad Gita,
Cap. X,26). Sempre Krishna, morì mentre sedeva sotto un Peepal, e perciò quest'albero viene venerato e non è mai
tagliato. Ma esso è associato talvolta anche a Shiva, così come alla
Trimurti, laddove le sue radici simboleggiano Brahma, il tronco rappresenta
Shiva, ed i rami Vishnu. Il Padma Purana narra che l’albero fu scelto da
Vishnu come abitazione per Alakshmi, la dea della sfortuna, la quale occupa
però l’albero solo di sabato, ed in questo giorno riceve le offerte dei suoi
devoti (!?!). Le varie specie di Ficus si crede pure che siano la
residenza preferita delle Apsara, danzatrici soprannaturali.
Anche tra i Buddisti, l’Aswattha gode di una
smisurata venerazione: è proprio sotto la chioma di uno di questi alberi che,
nel 530 avanti Cristo, Siddhartha Gautama ottenne l’illuminazione, diventando
il Budda Sakyamuni. Per questa ragione il Peepal e le sue foglie sono tra i
simboli più sacri del Buddismo, e la cittadina di Bodh Gaya, dove ancora vive
un pronipote di quell’albero, uno dei più importanti luoghi di pellegrinaggio
dei devoti buddisti. Il fatto rende anche ragione di uno dei nomi con cui la specie è conosciuta e chiamata in India,
ovvero Bodhi Tree, albero dell’illuminazione.
Il Peepal di Gai Ghat, a Varanasi |
Numerose sono pure le credenze e le tradizioni
popolari che circondano l’Aswattha. I rituali Vedici prevedono che il fuoco
sacrificale nei riti religiosi venga acceso strofinando un legno di
Aswattha con uno di Sami (Prosopis
cineraria Druce), e la cerimonia prende il nome di “nascita di Agni (dio
del Fuoco)”, il quale è quindi, oltre che figlio del cielo e della terra,
figlio dei due legni. Questo antico mito è raccontato sia nel Mahabharata
che nel Vishnu Purana. La presenza del Peepal è fondamentale durante “la
cerimonia del filo”, complesso rituale di iniziazione dei giovani Bramini;
l’albero stesso è considerato un Bramino, e rivestito spesso come loro da una
triplice cordicella, viene “pregato” ogni giorno, dopo il bagno mattutino.
Nel Bengala le donne osservano un rituale l’ultimo
giorno del mese di Baisakh (aprile-maggio), utilizzando cinque foglie di
Peepal: una nuova foglia per un nuovo figlio, una giovane foglia verde per la
bellezza e la gioventù, una vecchia foglia per una lunga vita del marito, una
foglia secca per la felicità, una foglia scolorita per la ricchezza.
Secondo certe tribù dell’Orissa l’Aswattha venne
creato in un’epoca in cui non c’erano ancora alberi sulla terra, a partire
dalla mano sinistra amputata della divinità Kittung. A questa mano mancavano
quattro dita, rimanendo solo il medio: la lunga protuberanza delle foglie
rappresenta proprio questo dito medio.
In alcune tradizioni, viene sposato
cerimoniosamente ad un albero di Neem (Azadirachta indica),
rappresentando il maschio o la femmina, a seconda della regione; in diversi
villaggi questi due alberi sono cresciuti fianco a fianco nella stessa
piattaforma, su cui sono poste pietre a forma di serpente arrotolato, simbolo
di fertilità.
Foglie e frutti di Ficus religiosa |
Il Ficus religiosa, oltre che in India,
cresce spontaneo in Nepal, Sri Lanka, Cina sud-occidentale ed in parte
dell’Indocina, dal livello del mare fino ad una altitudine massima di 1.500
mslm. Il suo elemento più caratteristico è senza dubbio la stupenda foglia, che
lo rende immediatamente riconoscibile: brillante, cuoriforme/triangolare,
portata da un lungo picciolo, termina con una lunga punta sottile (assomiglia
un po’ alla foglia del nostro Pioppo Nero); ha venature prominenti, che formano
sulla sua superficie un accattivante disegno. Color bronzo, con venature
rosate, in gioventù, diventa poi colore verde-bluastro, con venature
biancastre. In Nepal, le foglie staccate vengono impreziosite dipingendovi
sopra raffigurazioni sacre, e vendute come souvenirs. Il fogliame è anche
utilizzato come eccellente foraggio per gli elefanti.
Il Peepal appartiene alla famiglia delle Moraceae ed al genere Ficus, lo stesso del nostro fico comune, e di altre piante sacre indiane, quali il già citato Banyan, il Gular (Ficus glomerata Roxb.) ed il Ficus Krishnae C.D.C., oltre che di alcune specie esotiche ornamentali a noi familiari, quali il Ficus benjamina ed il Ficus elastica. Il suo frutto è simile al nostro fico, ha colore bruno-violaceo a maturità, ed è portato, in numero variabile, alla base del picciolo delle foglie. Cresce abbastanza rapidamente è puo diventare albero imponente e maestoso: raggiunge i 25 metri di altezza ed i 3 metri di diametro del tronco; con l’età ha la tendenza ad espandere in senso orizzontale numerosi grossi rami, formando folte chiome assai estese. Questi lunghi rami, per effetto della gravità e della scarsa resistenza meccanica del legno, tendono a rompersi ed a cadere, per cui, negli esemplari di maggiore importanza, vengono puntellati con appositi sostegni. E’ specie estremamente longeva: una piantina, figlia dell’Albero dell’Illuminazione del Budda, nel 288 avanti Cristo fu portata da Sanghamitta, figlia dell’imperatore Ashoka, ad Anuradhapura, nello Sri Lanka. Essa vive ancora: conosciuta con il nome di Sri Maha Bodhi tree, ha la bella età di 2.300 anni, ed è non solo una delle latifoglie più vecchie del mondo, ma è anche la pianta che conserva la documentazione scritta sulla sua origine più antica che si conosca.
Baby Peepal sulle scale della mia Guest House a Varanasi |
Sebbene siano in parte comuni anche ad altre specie
di Ficus, presenta caratteristiche e modalità di vita del tutto
particolari in seno al mondo vegetale. Innanzitutto il fiore, che non è
visibile, ma è nascosto dentro un ricettacolo carnoso, da cui svilupperà il
frutto, e quindi l’impollinazione, che è affidata ad una sola ed unica specie
di insetto (un imenottero, la Blastophaga quadraticeps), il quale
possiede le “chiavi” per entrare nel ricettacolo, e procedere quindi alla
fecodazione del fiore. Ciò spiega perché sia difficilmente riproducibile per
seme al di fuori del suo areale, data la mancanza dell’apposito insetto
impollinatore. La natura ha bilanciato questa limitante ecologica dotando il
Peepal di una grande capacità di riproduzione agamica, di una incredibile
energia germinativa dei suoi semi, e di una enorme area di disseminazione degli
stessi. I semi vengono infatti mangiati dagli uccelli insieme al frutto,
trasportati anche a grandi distanze, e depositati con gli escrementi nei luoghi
più disparati. Ad essi basta molto poco per germinare, e frequentemente lo
fanno su un ramo di un altro albero, od in qualche piccola crepa o cavità della
pietra, o di edifici costruiti dall’uomo. In questi casi, si comporta come una
pianta emiepifita, ed invia radici verso il basso, utilizzando l’ospite solo
come sostegno. Una volta che le radici raggiungono il suolo e vi penetrano,
comincia lo sviluppo della parte aerea; nel caso la pianta cresca su di
un'altra, con il tempo le radici si aggrovigliano e crescendo “strangolano” il
loro ospite.
Radici aeree di Ficus religiosa su muro di mattoni a Varanasi |
La capacità di portare la vita su supporti sterili e/o inospitali,
in ecosistemi rifuggiti dalla maggioranza delle piante, è fortemente evocativo,
e suggerisce una spiegazione all’assimilazione popolare del Peepal con la
fertilità, per come innanzi già accennato. Non solo, secondo Sitaram ed altri,
il possibile insediamento della pianta sugli antichissimi cumuli di pietre, una
delle prime manifestazioni di luoghi da preghiera prodotti dall’uomo, e la
conseguente associazione Peepal-luogo sacro, son alla base di un primordiale
processo di sacralizzazione della specie. La quale comunque, con questo suo
installarsi dall’alto di un altro albero, con il suo lento discendere verso il basso,
è di per se stessa fortemente simbolica; questo comportamento da epifita,
infine, da un senso compiuto ai versi della Baghavad che aprono il Post.
Peepal tra le strette vie di Varanasi |
Pianta Sacra !!!!!!!! Buon Mercoldì di Amore e Buona Energia .
RispondiEliminaInteressante, grazie 🙏
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