Una storia tratta dal Jataka, l’antico testo popolare buddista che narra delle esistenze anteriori del Buddha. (vedi post Storie di Alberi: il Bhadda Sala Jataka). Kusanali Jataka è la n° 121 del primo volume, ed affronta il tema dell’amicizia. I protagonisti della Jataka sono due Spiriti che abitano in un albero ed in un cespuglio d’erba, in linea con la credenza popolare indiana che nelle piante vivano entità soprannaturali di vario genere.
KUSANALI JATAKA
Questa storia fu raccontata dal Maestro [1] nel monastero di Jetavana [2], prendendo spunto dall’amicizia di Anatha-pindika, un ricco mercante del luogo, con un uomo di rango inferiore. Parenti amici e conoscenti di Anatha avevano cercato più volte di interrompere quell’amicizia, osservando la disparità di casta e di ricchezza tra i due. Ma il mercante rispondeva sempre che l’amicizia non doveva dipendere dalle condizioni materiali degli individui. Ed un giorno che dovette partire per un viaggio di affari, affidò la sua casa e tutte le sue ricchezze all’amico, nonostante il parere contrario dei parenti. Successe ora che una notte la casa venne visitata dai ladri, ma grazie all’astuzia dell’amico di Anatha, furono messi in fuga senza poter portar via niente. [3] Quando Anatha raccontò il pericolo che aveva corso la sua abitazione, il Maestro commentò: “Un amico nel vero senso della parola non è mai inferiore. Il fondamento dell’amicizia risiede nella capacità di aiutarsi reciprocamente. Un vero amico, sebbene di rango inferiore, dovrebbe essere considerato come superiore, poiché un tale amico non mancherà di farsi carico dei problemi che ci affliggono. Colui che ha salvato le tue ricchezze è un amico nel vero senso della parola. Nello stesso modo nei tempi antichi un amico salvò la casa di uno Spirito”. Dietro richiesta di Anatha-pindika, il Maestro raccontò quindi questa storia del passato:
Anticamente, quando Bramhadatta regnava su Benares, il Bodhisattva [4] incarnò il proprio Spirito in un folto cespuglio di Kusha [5] e rinacque nel giardino del re. Nello stesso giardino viveva anche un magnifico Albero dei Desideri (vedi post Alberi Sacri dell'India: il Banyan, Albero dei Desideri), dal tronco diritto e dai lunghi rami che si allungavano in tutte le direzioni. Nell’Albero abitava un potente re degli Dei che era rinato come Spirito dell’Albero, e con cui il Bodhisattva aveva stretto un’intima amicizia.
Il palazzo del re aveva solamente un pilastro per sostenere il tetto. Ora un giorno avvenne che quel pilastro, consumato dal tempo, divenne instabile. Messo al corrente della situazione, il re ordinò ai suoi carpentieri di sostituirlo. I carpentieri si misero alla ricerca di un albero idoneo ma non lo trovarono: l’unico adatto sembrava essere l’Albero dei Desideri del giardino del re. Alquanto delusi, tornarono quindi dal loro sovrano. “Bene!” – esclamò il re – “Avete trovato l’albero ?” “Si – risposero i carpentieri – "Ma non abbiamo il coraggio di abbatterlo” “E perché mai” – chiese il re. “Perché è il sacro Albero dei Desideri che vive nel vostro giardino” – risposero essi. “Andate e tagliatelo,” – ordinò il re – “e rendete sicuro il tetto. Cercherò un altro albero da piantare al suo posto”.
Così i carpentieri si avviarono verso il giardino ed offrirono un sacrificio all’albero, accordandosi tra loro di ritornare all’indomani per tagliarlo. Lo Spirito dell’Albero, che aveva ascoltato le loro parole, comprese che la sua casa sarebbe stata distrutta il giorno successivo, e scoppiò a piangere mentre i suoi figli gli si aggrappavano al petto, afflitto dalla preoccupazione di non sapere dove trovare rifugio. Gli Spiriti della foresta udendo i suoi lamenti vennero a trovarlo e gli chiesero cosa fosse successo. Ma nessuno di loro sapeva consigliarlo su come fermare la mano dei carpentieri, e si misero quindi a piangere insieme a lui. In quel momento arrivò il Bodhisattva, che era venuto a trovare il suo amico, e venne prontamente messo al corrente della situazione. “Non avere paura” – affermò il Bodhisattva rassicurando lo Spirito dell’Albero – “Farò in modo che l’albero non venga tagliato. Aspettate e vedrete cosa farò quando domattina arriveranno i carpentieri!”
Il giorno dopo, prima che gli uomini arrivassero, il Bodhisattva assunse la forma di un camaleonte, entrò nelle radici dell’albero e ne percorse il fusto, uscendo quindi dalla chioma e facendo sì che il tronco si riempisse di fori. Si mise poi a riposare tra i rami, muovendo rapidamente la testa avanti e indietro. Allorché giunsero i carpentieri e videro il camaleonte, il loro capo batté la mano sul tronco esclamando che il giorno prima, quando erano venuti per il sacrificio, non avevano osservato attentamente l’albero, poiché esso era marcio. E se ne andarono pieni di sdegno nei confronti dell’albero, che in realtà era forte come sempre. In questo modo il Bodhisattva salvò la casa dello Spirito. Quando tutti gli amici e conoscenti vennero a visitarlo, lo Spirito cantò le lodi del Bodhisattva, il salvatore della sua casa, con queste parole: “Spiriti degli Alberi, con tutti i nostri grandi poteri non sapevamo cosa fare, mentre un umile Spirito di Kusha ha avuto l’ingegno per salvare la mia dimora. In verità dovremmo scegliere i nostri amici senza considerare se essi ci siano superiori, uguali od inferiori, senza distinzione di rango. Perché ognuno di essi può aiutare con le proprie capacità un amico nell’ora del bisogno”. Proferì quindi questi versi sull’amicizia ed i suoi doveri:
Lasciamo che il grande, il piccolo e l’uguale
Facciano del loro meglio se ci accade qualcosa,
Aiutiamo gli amici nelle situazioni difficili,
Così come io fui aiutato dalla Spirito di Kusha
In questo modo parlò lo Spirito dell’Albero, aggiungendo: “Così come al fine di risolvere un problema non dobbiamo considerare se un uomo ci è superiore o uguale, così dobbiamo divenire amici dei saggi, qualunque sia la loro posizione nella vita”. Lo Spirito visse il resto della sua vita con lo Spirito di Kusha, finché morì e raggiunse il luogo che gli competeva secondo i propri meriti.
Finito il racconto, il Maestro spiegò: “Ananda [6] in quella nascita era lo Spirito dell’Albero, ed io ero lo spirito di Kusha”.
[1] Il Maestro è il Bhudda.
[2] Jetavana era il monastero, situato vicino all’antica città di Shravasti, nell’attuale stato indiano dell’Uttar Pradesh, dove il Buddha trascorreva la stagione delle piogge. In questo luogo il “Risvegliato” impartì a monaci e laici la maggior parte dei suoi insegnamenti.
[3] La storia è raccontata per esteso nel Kālakanni-Jātaka.
[4] Bodhisattva è il nome attribuito al Buddha nelle vite precedenti a quella dell’illuminazione.
[5] Kusha o Durva (Kusa ghas o Darbha ghas in sanscrito) è una pianta erbacea della Famiglia delle Graminaceae, il cui nome scientifico è Demostachya bipinnata Stapf. In India è considerata sacra. Con essa si intrecciano da sempre le migliori stuoie da meditazione, utilizzate dal Buddha stesso.
[6] Ananda fu uno dei discepoli più vicini al Buddha.
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