lunedì 9 luglio 2012
giovedì 5 luglio 2012
Storie di Alberi: il Faggio di San Francesco
“Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre
terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti
flori et herba”
(Cantico delle Creature, San Francesco d'Assisi)
Nei dintorni della città di Rieti, il Santo Francesco di
Assisi trascorse diversi periodi fondamentali della sua vicenda terrena,
segnati da una intensa ricerca spirituale, e durante i quali accaddero alcuni degli
eventi più importanti del suo cammino mistico, tanto che da allora la valle
reatina è conosciuta anche con il nome di Valle Santa. Nella grotta del Sacro
Speco, tra i boschi che sovrastano il paese di Poggio Bustone, dopo quaranta
giorni di digiuno e meditazione, il Santo ricevette la visita di un angelo che
gli rimise i suoi peccati e gli predisse la felice espansione del proprio
Ordine. Sempre in una grotta, in prossimità del Santuario di Fontecolombo,
redasse nel 1223 la Regola definitiva dell’Ordine dei Francescani. Nel
Santuario di Santa Maria della Foresta probabilmente Francesco compose il
mirabile Cantico delle Creature e nel Santuario di Greccio, la notte di Natale
del 1223, mise in scena il primo Presepe della storia della cristianità.
Tra gli innumerevoli luoghi, avvenimenti e cose legate
alla vita reatina del Santo, la tradizione popolare iscrive anche questa
straordinaria pianta di Faggio (Fagus sylvatica L.), per l’appunto
conosciuta come Faggio di San Francesco, che vive in un bosco di suoi simili
sulle pendici del Monte Fausola, a 1123 mslm, nel Comune di Rivodutri. La
leggenda narra che Francesco, sorpreso da un forte temporale mentre si trovava
tra quei monti, si riparò sotto al Faggio, il quale per miracolo allargò e
piegò i suoi rami in modo da ripararlo. Ciò spiegherebbe la forma unica
dell’albero, ed il suo portamento completamente estraneo a quello caratteristico
della specie, mai visto nel mio trentennale vagar per faggete. Esso sorge lungo un sentiero, su di un terreno in forte pendenza, ed è formato
da quattro grandi polloni (fusti che si originano dalla stessa ceppaia), di forma contorta e tormentata, coperti da chiazze di muschio smeraldino e da efflorescenze biancastre di licheni. Due di essi si trovano a monte: il primo è l'unico dei quattro che si sviluppa in altezza,
peraltro non raggiungendo i nove metri, mentre il secondo ha il tratto iniziale del fusto fortemente inclinato, per poi allungarsi quasi parallelo al sentiero; gli altri due, vero
paradosso gravitazionale, si espandono verso valle per quasi dieci metri in senso
orizzontale. Ma non è questa la sola particolarità. I fusti sono formati da più
rami cresciuti insieme, nei tratti iniziali saldati tra loro ed avvolti a
spirale, per poi divergere decisamente, a creare con le loro strane forme
suggestivi disegni. Questo modo di crescere è ben manifesto nei giovani rami
che pure si allargano in un fitto intersecarsi e. densamente coperti di foglie,
formano come delle mensole aeree. Tra i due polloni superiori, che costeggiano
il sentiero, è ben visibile la cicatrice lasciata dalla caduta di un quinto
pollone, che sembra avesse le maggiori dimensioni del gruppo. La pianta è in
ottime condizioni di salute. E’ uno dei 150 alberi monumentali d’Italia,
categoria che comprende esemplari di eccezionale valore storico, paesaggistico
o culturale.
Per quanto riguarda l’età, in zona sono tutti convinti che risalga veramente all’epoca di Francesco, avendo quindi più di 800 anni. Personalmente non ho trovato alcuna ricerca accurata sull’argomento, né storica, né dendrologica, e neppure ho notizia dell’esistenza di faggi che si avvicinino seppur lontanamente a questa età. Neanche le dimensioni sembrerebbero giustificare l’attribuzione: nonostante ciò, ritengo che tutto sia possibile, soprattutto quando di mezzo c’è San Francesco! L'ipotesi più plausibile è che il faggio attuale sia un discendente dell’albero che ospitò San Francesco sotto le sue fronde. Notazione curiosa: a pochi metri da questo, c’è un giovane alberello esattamente identico, suo figlio, evidentemente.
Si racconta anche un’altra storia, che vide il Faggio
spettatore di un episodio della vita di Francesco. Un giorno il Santo fece
ferrare l’asino, che usava per spostarsi, da un maniscalco locale, ripagandolo
con mille ringraziamenti. Quando l’uomo si rese conto di non essere stato
pagato, e gli ci volle un po’ di tempo, da tanto era rimasto sorpreso dai modi
del Fraticello, lo rincorse e lo
raggiunse nei pressi del Faggio, chiedendo o di essere pagato, o la
restituzione dei ferri. Francesco chiese allora all’asino di restituirli, e
miracolosamente l’animale obbedì.
Il Faggio è un luogo di pellegrinaggio per i devoti cattolici. Dai suoi rami pendono piccoli crocefissi, rosari, fili intrecciati e quant’altro, lasciati in segno di devozione, amore e rispetto. Alla base dei suoi fusti, ed anche altrove, numerose croci, fatte semplicemente legando perpendicolarmente due legnetti, si rivelano lentamente ad una attenta osservazione, rendendo ancora più magica l’atmosfera del luogo.
Il Faggio di San Francesco dista una ventina di chilometri da Rieti, ed è raggiungibile in automobile (vedi cartina stradale sottostante), andando da Rieti a Rivodutri, oltrepassando la frazione di Cepparo, e percorrendo a piedi un breve e comodo sentiero, che si diparte di fronte ad una piccola Cappella, a pochi km da Cepparo. Vi si può giungere anche a piedi dal Santuario di Greccio, o da Poggio Bustone, nell’ambito del Cammino di Francesco (vedi sito dedicato, anche per maggiori informazioni su San Francesco nella Valle Santa)
lunedì 2 luglio 2012
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