mercoledì 28 marzo 2012

Alberi Sacri dell'India: l'Albero delle Rudraksha


Sadhu con Rudraksha


Persino i più distratti tra coloro che sono stati in India avranno notato quelle “sfere” di consistenza legnosa, portate sui corpi seminudi di sadhu ed asceti, sovente in gran numero, a guisa di collane, braccialetti, cavigliere od altro. Esse in hindi sono chiamate Rudraksha, mantenendo l’antica denominazione sanscrita, e sono il nocciolo (endocarpo) del frutto di un albero che ha lo stesso nome. Alle Rudraksha sono attribuiti tutta una serie di poteri e di effetti benefici sull’uomo e financo sugli animali minuziosamente dettagliati  in alcune Sacre Scritture, tra cui lo Shiva Purana, la Rudraksha Jabalopanishad e lo Shrimad Devi Bhagwatam. Per questa ragione da almeno due millenni moltissimi devoti indù (ma anche buddisti e sikh), le indossano a contatto della pelle, anche se in forma più discreta rispetto agli asceti, o le conservano nelle proprie abitazioni, nel mandir (tempio) di famiglia.
Nell’ iconografia tradizionale, lo stesso dio Shiva appare con il suo corpo bluastro adornato di copiose Rudraksha, che ne costituiscono quindi uno degli attributi caratteristici. Se oltre a ciò consideriamo che la loro creazione, come vedremo tra breve, è ascritta direttamente ad una azione di Shiva, risulta spiegata la sacralità dell’albero e soprattutto dei suoi frutti, così come trova ragione il fatto che l’albero delle Rudraksha sia tra i suoi preferiti, al pari della Datura e della Ganja, piante erbacee da lui sacralizzate ed a lui dedicate.

Shiva

Sulla creazione dell’albero esistono diverse versioni, alcune contenute nelle scritture, altre di carattere popolare. Tra di esse la più bella mi è parsa la seguente, tratta dallo Shiva Purana. Shiva, osservando l’eterna sofferenza che doveva sopportare il genere umano di generazione in generazione, si chiese perché gli dei si dedicassero a creare ed a distruggere la razza umana, provocandole tanta sofferenza. Mentre cercava una risposta soddisfacente, le lacrime cominciarono ad uscire dai suoi occhi, ed ovunque caddero sulla terra, fecero nascere un possente albero di Rudraksha. Le Rudraksha sono quindi un dono di Shiva all’uomo, una manifestazione della sua compassione, un aiuto per alleviare le sofferenze dell’umanità.
Nello Shrimad Devi Bhagwatam è lo stesso Shiva che ne narra l’origine a suo figlio Kartikeya: “Nei tempi antichi, un demone di nome Tripura aveva sconfitto Brahma, Vishnu e tutti gli altri dei. Essi vennero da me per chiedermi di ucciderlo. Immaginai quindi un’ arma terribile, che contenesse in se la forza di tutti gli dei. Per realizzarla, sono rimasto mille anni divini in meditazione, con gli occhi sempre aperti, dopo di che essi hanno cominciato a lacrimare, e da quelle gocce d’acqua è nato il grande albero delle Rudraksha, a beneficio di tutti”. In altri Purana viene riportata la stessa storia dello Shrimad, con alcune varianti. Comunque, resta in tutte la comune genesi della pianta a partire dalle lacrime di Shiva,  e l’etimologia stessa del nome ce lo ricorda: Rudra è uno dei nomi di Shiva, aksha in sanscrito significa occhio.  Un giovane sadhu mi ha raccontato poi una storia popolare diversa, di carattere più “frivolo”, se vogliamo. Secondo essa, Parvati, la consorte di Shiva, desiderava come ogni donna adornare il proprio corpo con gioielli e monili vari, e perciò continuamente chiedeva al marito di provvedere. Questi non ne vedeva la necessità, ritenendoli inutili orpelli materiali, superflui ed infantili, ed eludeva così anno dopo anno le richieste della moglie. Shiva è d’altronde il più anticonformista degli dei del pantheon indiano: si veste col solo perizoma e si ricopre il corpo di cenere, ha dei cobra attorcigliati alle caviglie ed alle braccia, e trascorre il tempo in meditazione e penitenza, isolato nella sua dimora sul Monte Kailash. Dopo tante insistenze, un giorno Shiva decise di soddisfare finalmente i desideri di Parvati. Strinse i pugni, e dal cielo caddero nelle sue mani le Rudraksha; le dette quindi a Parvati, poiché ne facesse collane, braccialetti ed orecchini, dicendole che quelli erano i migliori gioielli per la moglie di un asceta.

giovedì 1 marzo 2012

Gli alberi sono Santuari...

Gli alberi sono santuari. Chiunque sappia  parlar loro, chiunque sappia ascoltarli, conosce la Verità.
Gli alberi non predicano insegnamenti e precetti, essi raccontano, senza curarsi dei particolari, l'antica legge della vita.
Herman Hesse

Trees are sanctuaries. Whoever knows how to speak to them, whoever knows how to listen to them, can learn the truth. They do not preach learning and precepts, they preach, undeterred by particulars, the ancient law of life.
Herman Hesse