Un mito assai diffuso in Africa racconta che quando
Dio creò la terra, assegnò una pianta ad ogni animale. Il Baobab toccò alla
iena la quale, disgustata da quello che evidentemente le sembrava un albero
senza alcuna utilità, lo gettò via. Ed il Baobab atterrò capovolto, con le
radici verso il cielo. In un’altra leggenda, si narra che il Baobab fu uno dei
primi alberi creati da Dio. Quando però vide la successiva pianta creata, una
palma slanciata verso il cielo, il Baobab cominciò a brontolare, perché lui voleva
essere alto come lei. Dio ascoltò le sue lamentele e lo fece crescere; ma
questi aveva appena raggiunto l’altezza della palma, quando vide la
spettacolare fioritura della Flamboyant, e si lamentò che lui non aveva fiori.
Dio provvide un’altra volta, e dotò anche lui di fiori. Ma non era ancora
abbastanza: si mise infatti a piagnucolare che lui, a differenza del fico, non
aveva frutti. Questo fu troppo pure per la pazienza del Creatore che, in un
accesso d’ira, sradicò il Baobab dalla terra e ce lo riscaraventò con la chioma
in giù, e le radici per aria.
Adansonia grandidieri Avenue du Baobab. Morondava, Madagascar |
Le due storie precedenti hanno il medesimo finale,
e lasciano il povero Baobab a “gambe” per aria, a sottolineare la stravaganza
della chioma, costituita da rami corti e tozzi disposti pressoché tutti nella
parte terminale del fusto, e spogli di foglie per gran parte dell’anno, tanto
che, per l’appunto, la chioma assomiglia fortemente ad un apparato radicale. In
effetti, il Baobab è una delle piante più fantastiche e bizzarre che Madre
Natura abbia mai creato. Emerge solitario dalle piatte savane africane, unico
tra gli alberi a sopportarne i torridi caldi estivi e le prolungate siccità, ed
affonda talora le proprie radici nel granito vivo; signore incontrastato di una
vegetazione povera, composta da erbe ed arbusti spinosi, raggiunge dimensioni
incredibili, a dispetto delle condizioni ecologiche estreme in cui vive. Per
resistere alla siccità, fa provvista della poca acqua piovana che cade nel
proprio tronco poroso, arrivando a contenerne più di centomila litri, e perde
molto presto le sue foglie, arrestando quasi completamente le proprie attività
vitali nella stagione secca, come fosse un animale che va in letargo. Alla
lunga assenza delle foglie, supplisce quindi con dei tessuti fotosintetici che
si sviluppano curiosamente all’esterno della corteccia. Non si preoccupa
neanche degli incendi, letali per il resto della vegetazione che l’accompagna,
perché la sua corteccia è ignifuga, e lui continua a vivere anche se brucia la
parte interna del tronco, rigenerando tessuti dalla corteccia superstite. Vive
prospero e diviene immenso, laddove tutti gli altri, uomo compreso, stentano.
Il suo aspetto, i luoghi selvaggi dove vive, la
smisurata grandezza del tronco, lo ammantano di una bellezza e di un fascino
tali da averlo reso, nonostante la sua lontananza geografica, uno degli alberi
più famosi del mondo occidentale. Nei luoghi di origine poi, il Baobab è una
vera icona: fonte di cibo, medicine e materiale per costruire case ed oggetti
quotidiani, sacralizzato in molte tribù, simbolo totemico e luogo di riunione,
fonte infinita di storie e leggende popolari. La sua sagoma inconfondibile
appare su monete, banconote e francobolli di vari stati africani; in
Madagascar, ad esempio, è l’albero nazionale, ed è soggetto od elemento
fondamentale di rappresentazioni pittoriche e di manufatti artigianali.
Il primo a rivelare al resto del mondo l’esistenza
di questi fantastici alberi pare sia stato un tal Ibn Battuta, nato in quel di
Tangeri, che nel 1353 vi si imbatté durante un viaggio nel Mali, descrivendoli
così: “La strada ha molti alberi di grande età e dimensioni; sotto ognuno di
essi può trovare riparo un’intera carovana. Alcuni di essi non hanno rami né
foglie, ma il loro tronco fa da solo ombra sufficiente. Alcuni hanno delle
cavità al loro interno, e vi viene raccolta l’acqua piovana, come fosse un
pozzo, e le persone bevono quest’acqua. In altri alberi ci sono api e miele,
che viene raccolto dalla gente del posto”.
Alberi dalle dimensioni straordinarie vengono osservati e
descritti anche da altri esploratori del secolo successivo, in particolare
portoghesi. Dagli scritti del medico veneziano Prospero Alpini, veniamo poi a
sapere che alla fine del ‘500 i frutti del Baobab venivano venduti nei mercati
del Cairo, con il nome di “bu hobab”, ovvero “frutto dai molti semi”, e
da questo appellativo del frutto deriverebbe il nome della pianta. Bisognerà
comunque aspettare fino al 18° secolo perché l’albero venga ufficialmente
“scoperto”, descritto con tutti i crismi scientifici dell’epoca, e fatto
conoscere al pubblico europeo e mondiale, ad opera di Michel Adanson. Adanson,
naturalista francese di origine scozzese, incontrò il suo primo Baobab nel 1749
in Senegal, nelle vicinanze dell’attuale città di Dakar, e ne rimase letteralmente
folgorato: “Mi portarono in un luogo isolato dove vidi un immenso branco di
antilopi, ma le dimenticai subito, poiché la mia attenzione fu attirata da un
albero di prodigiosa grandezza. Era un albero-zucca, chiamato goui dalle genti
locali. Non aveva niente di straordinario in quanto all’altezza, non era più
alto di diciotto metri, ma il suo tronco era di una grandezza prodigiosa.
L’albero sembrava formare da solo un intera foresta” L’esemplare in
questione aveva una circonferenza, da lui stesso accuratamente misurata, di 65
piedi (circa 20 metri); in seguito il naturalista ne troverà di ancora più
grandi. Adanson rimarrà in Senegal per cinque anni, studiandone a fondo la
flora e la fauna; nel frattempo invia un primo resoconto sul Baobab al suo mentore,
il creatore dei Giardini Trianon di Luigi XV, Bernard Jussieu, che a sua volta
fece pervenire il manoscritto a Carl Linnaeus, il botanico svedese all’epoca
intento alla sua rivoluzionaria opera sulla classificazione delle specie
viventi. Questi costituì un nuovo genere per il Baobab, chiamandolo Adansonia
in onore del suo scopritore, e lo inserì nella edizione definitiva del “Systema
Naturae”, pubblicato nel 1759, con il nome completo di Adansonia
digitata, laddove l’indicazione della specie, “digitata”, ne ricorda la
forma delle foglie pentalobate, simili ad una mano. Il fatto curioso è che
Adanson non fu affatto contento dell’onore ricevuto, essendo fortemente
contrario al sistema classificatorio elaborato da Linnaeus. Trascorrerà il
resto della propria vita studiando e promuovendo una propria classificazione,
che esporrà in una opera monumentale di 27 volumi, in cui ordinò oltre 40.000
specie secondo il proprio metodo. L’opera non venne mai pubblicata, ed il
sistema ben presto dimenticato; Adanson morì povero in canna, chiedendo che la
sua tomba venisse adornata con una ghirlanda fatta con i fiori delle 58
famiglie che aveva classificato.
In realtà, con il nome Baobab si è di fatto addivenuti ad
indicare non una singola specie, ma un intero genere, appartenente alla
famiglia delle Bombacaceae, e formato da otto specie, sette originarie
dell’Africa, tra cui sei endemiche del Madagascar, ed una originaria
dell’Australia. La prima ad essere stata scoperta, Adansonia digitata,
ovvero il Baobab africano, è anche la più diffusa, quella che presenta gli
individui di maggiori dimensioni, e possibilmente anche la più famosa. Specie
panafricana, si ritrova in 31 stati africani a sud del Sahara, e fino a lambire
la parte settentrionale del Sudafrica, Madagascar incluso; è stato piantato
dall’uomo anche in altri paesi tropicali, quali India e Caraibi. Ha almeno un
centinaio di diversi nomi vernacolari locali. Le sei specie malgasce sono:
Adansonia madagascariensis, Adansonia perrieri
ed Adansonia suarezensis, che vivono nell’estremità nord e nord ovest
del paese, e che sono conosciute con il nome di Bozy;
Adansonia grandidieri (Renala in malgascio)
ed Adansonia rubrostipa (sinonimo Adansonia fony, chiamata Fony),
presso la costa occidentale ;
Adansonia za, conosciuta come Za o come Boringy,
che cresce prevalentemente all’estremità meridionale. Tutte queste specie sono
in una situazione delicata per quanto concerne la loro sopravvivenza e
perpetuazione, anche se in misura differente: secondo la UICN, A.
grandidieri, A. perrieri ed A. suarezensis corrono un alto
rischio di estinzione dei popolamenti naturali nel futuro prossimo; per le
altre, il rischio è nel medio termine. Numerose sono le cause di minaccia,
tutte legate ad attività antropiche. (per approfondire consulta Red List UICN,Adansonia).
La specie australiana è Adansonia gregorii
(sinonimo Adansonia gibbosa), che vive nella parte nord-occidentale del
continente, dove è chiamato boab o bottle tree (albero
bottiglia).
I botanici sono concordi nel ritenere che le otto specie
anteriori derivino da un unico capostipite, apparso in Madagascar tra i 17 ed i
18 milioni di anni fa, ovvero assai dopo la divisione del mitico continente di
Gondwana, che comprendeva tra l’altro le attuali Africa, Madagascar, India e
Australia. Resta quindi da capire come la specie africana e quella australiana
siano giunte nei rispettivi continenti dalla lontana isola malgascia: l’ipotesi
più affascinante, ed anche la più accreditata, è che alcuni semi, racchiusi nel loro robusto guscio, siano caduti nei fiumi
del Madagascar, siano arrivati ai mari dell’isola, e siano stati trasportati
verso est e verso ovest dalle correnti marine, fino ad approdare in Africa ed
in Australia, germinare ed originare le corrispondenti specie.
Le specie di Baobab si differenziano tra loro sia per il
portamento e lo sviluppo dei fusti, seppure assai variabili anche all’interno
delle singole specie, che per altri caratteri: il colore dei fiori, l’epoca di
fioritura, l’impollinazione, la grandezza dei semi e la consistenza e grandezza
dei frutti. I fiori sono molto belli ed appariscenti, e si schiudono di notte:
il Baobab africano e quello australiano li hanno di colore biancastro, mentre
quelli del Madagascar tendono al viola-scarlatto.
Fiore di Adansonia rubrostipa Foto di Jose Antonio |
I fiori di A. digitata,
A. grandidieri ed A. suarezensis fioriscono d’inverno e sono
impollinati dai pipistrelli oltre che, per le due specie malgasce, anche da
alcuni lemuri notturni; le altre, i cui fiori sono tra l’altro molto profumati,
fioriscono d’estate e sono impollinate da farfalle notturne della famiglia
delle Sphingidae. I frutti, di forma tondeggiante-ovoidale, hanno
dimensioni variabili con la specie, tra i 12 ed i 30 cm: sono formati da un
robusto e resistente guscio esterno, con superficie vellutata, e da una polpa bianca
di consistenza spugnosa, in cui sono immersi numerosi piccoli semi nerastri. In
Adansonia digitata, i frutti sono attaccati ai rami con piccioli lunghi
oltre 50 cm, cosa che ai Caraibi gli è valso il nome di “albero coda di
topo”. I Baobab sono frequentati da
numerosi uccelli, che possono nidificarvi e formare anche colonie numerose.
Frutti di Adansonia grandidieri |
Frutti su albero di Adansonia rubrostipa |
Il Baobab è particolarmente conosciuto per le enormi
dimensioni che può raggiungere, e per la lunghezza millenaria della sua vita.
Lo stesso Adanson lo considerò il più grande ed il più longevo tra tutti gli
esseri viventi, attribuendo agli esemplari più vecchi la rispettabile età di
5.000 anni. Età ribadita poi da molti esploratori successivi, tra cui
Livingstone, e consacrata nell’immaginario popolare ancora oggi. Adanson aveva
parzialmente ragione in quanto alla grandezza, poiché doveva passare ancora un
secolo prima della “scoperta” delle Sequoie giganti della costa ovest degli
Stati Uniti, che in termini di volume, sono certamente gli alberi più grandi
del mondo. In termini di circonferenza del tronco, due esemplari di Adansonia
digitata del Sudafrica (il “Dwivelskloof Giant” ed il “Sagole Giant”)
misurerebbero oltre 33 metri, che li porrebbe al secondo posto della classifica
mondiale, dopo l’Albero del Tule (vedi post Storie di Alberi: gli Alberi più vecchi, i più alti, i più grandi). Il condizionale è d’obbligo, poiché non
è chiaro se si tratta di alberi singoli, o di più tronchi concresciuti insieme.
In quanto all’età, non è possibile determinarla dato che i fusti del baobab
tendono a svuotarsi al loro interno, sia naturalmente che per opera dell’uomo,
ed hanno un ritmo di accrescimento del tutto particolare; attualmente i
botanici stimano intorno ai 1.000 anni l’età degli esemplari più adulti.
Paradossalmente il
legno dei Baobab, prodotto con tanta generosità, non è di nessuna utilità (meno
male per la loro sopravvivenza, viene da dire!), essendo molto poroso, tenero e
fragile, al punto che vi si può conficcare un chiodo spingendolo semplicemente
con una mano. Il fatto che i vecchi tronchi tendono a svuotarsi all’interno, e
la facilità con cui possono essere scavati dall’uomo, ha trovato comunque
svariate applicazioni, la più diffusa delle quali è come cisterna per
raccogliere e conservare acqua nella stagione delle piogge. Gli enormi Baobab
cavi diventano spesso magazzini per le cose più disparate, rimesse di attrezzi,
luoghi dove tenere le api, purtroppo anche discariche di rifiuti. Pare che un
Baobab australiano, completamente vuoto al suo interno, sia stato addirittura e
tristemente utilizzato negli anni ’90 come prigione temporanea durante un
trasferimento di alcuni aborigeni verso il tribunale di Derby. In Africa capita
pure che enormi alberi vengano sventrati dagli elefanti, alla ricerca
dell’acqua abbondantemente contenuta nel legno; anche le api selvatiche possono
scavare il morbido legno ed utilizzarlo come arnia naturale.
Molto più utilizzata è la corteccia, asportata dalla base
degli alberi vivi, i quali però in genere sopravvivono, essendo in grado di
riprodurla: con essa vengono fabbricate corde e tessuti, cappelli, materassi,
oltre ad essere impiegata nelle case come isolante, copertura dei tetti e
supporto per pareti d’argilla. Dal guscio esterno dei frutti, duro ed
impermeabile, si ricavano innumerevoli articoli per uso domestico, quali stoviglie
e contenitori; in Australia gli aborigeni li decorano con intagli e colori, e
li usano come ornamento. I semi, simili a piccoli fagioli neri, contengono olio
e sono mangiati, cotti o tostati; la polpa è ricca di vitamina C e vitamina B2,
e ci si ricava una bevanda rinfrescante oppure, una volta seccata, è impiegata
per preparare una specie di porridge. Le giovani foglie sono mangiate in
insalata oppure lessate, e sono pure un buon alimento per gli animali.
Adansonia grandidieri |
Appare logico che un albero così speciale, grande forte e
resistente fuori di ogni misura, così emergente dall’ambiente in cui vive,
immortale di fronte all’orizzonte umano, prodigo di cibo ed altro, assuma una
dimensione ultraterrena e venga sacralizzato, come avviene di fatto in diverse
tribù africane. Il Baobab viene considerato la dimora di divinità locali e
rifugio degli spiriti degli antenati, un luogo dove pregare: è come un padre,
che concede ogni cosa ai suoi figli. In Burkina Faso è ancora viva la
tradizione di officiare un formale funerale quando muore un Baobab
particolarmente importante per la vita del villaggio. Ovviamente, gli alberi
più grandi diventano spesso luogo di riunione e di festa.
Avenue du Baobab. Morondava, Madagascar |
Ho incontrato i Baobab nel mese di luglio dell’anno
scorso, durante un viaggio in Madagascar. Non potendo visitare i luoghi delle
sei specie, ho scelto quello che mi sembrava il più facile da raggiungere, nei
dintorni di Morondava, una tranquilla cittadina turistica affacciata sulla
costa ovest, intorno al 20° parallelo, ovvero all’incirca a metà del paese.
Arrivando in aereo la mattina presto li ho visti risaltare immediatamente su
una campagna di riquadri irregolari, dove si alternano il verde e gli
acquitrini dei campi di riso, al bruno seccaginoso della bassa vegetazione
arbustiva. Isolati tra loro, a volte in piccoli gruppi, i tronchi indorati
dalla luce del primo sole, quelle buffe chiome ristrette, con i pochi rami
disposti a raggiera. La zona è nel cuore dell’areale del più slanciato ed
elegante tra tutti i Baobab, Adansonia grandidieri, che qui chiamano “Renala”,
ovvero “la madre della foresta”, ma è anche la regione originaria di Adansonia
rubrostipa, con un interessante popolamento protetto nella Riserva Speciale
di Andranomena. Ad una quindicina di chilometri di distanza da Morondava, verso
l’entroterra, si trova la famosissima e stupenda “Avenue du Baobab”, uno
dei luoghi più visitati e fotografati dell’intero Madagascar, caratterizzato da
una ventina di alti Renala che costeggiano ordinatamente la strada per
Belo-sur-Tsiribihina. Poco lontano dall’Avenue, vive uno degli alberi più
famosi del Paese, rappresentato in ogni sorta di oggetto artigianale, un Adansonia
rubrostipa ovunque conosciuto come
“les Baobabs amoureux”, i Baobab innamorati, due alberi (o due
tronchi dello stesso albero) avvolti a spirale l’uno sull’altro, in un
abbraccio infinito. Sono andato due volte a vedere e fotografare.
Foto anteriori: les Baobabs Amoureux (Adansonia rubrostipa) |
La prima
volta ho noleggiato una moto e sono partito prima dell’alba. Faceva un freddo
impensabile per essere ai tropici in Africa; la moto aveva le forche piegate e
pendeva da una parte, a 30 km/h entrava tutto in vibrazione, in particolare la
sella, imponendomi di stare in piedi sulle pedanine. Non è stato un viaggio
comodo, e sono andato solo fino all’Avenue. Perlomeno non c’erano turisti. Anzi
non c’era proprio nessuno. Solo i meravigliosi Baobab, illuminati dalle lame
del sole nascente, mentre il resto del piano era ancora in ombra. Mi perdo a naso in su ad osservare i tronchi
perfettamente lisci e privi di rami, alti oltre una quindicina di metri, di
color grigio ma con sfumature rossastre dovute alla luce. Hanno forma realmente
bizzarra, sono simili ad antiche colonne; alcuni alberi si allargano a metà
altezza per poi restringere ancora, tutti terminano con 2-3 rami principali che sembrano dei colli di bottiglia. La loro bellezza non risiede nelle dimensioni, si tratta d'altronde di esemplari ancora giovani, ma piuttosto nell'eleganza del portamento. Siamo nell’epoca secca e non ci sono foglie nè fiori sui pochi
corti rami, ma ci sono ancora frutti non ancora caduti, ed alcuni grossi
uccelli appollaiati. Sulla destra, un piccolo stagno coperto di loti violacei
riflette le figure irreali di alcuni Baobab in posizione ritirata rispetto alla
strada. Oltre a questi, nella zona intorno ci sono alcune centinaia di Baobab,
attualmente sotto tutela: hanno un età compresa tra i 200 ed i 290 anni ed il
più grande tra loro ha una circonferenza di 17 metri. In prossimità della
strada, sono stati meritoriamente piantati alcuni giovani alberelli: la
mancanza di rigenerazione naturale è infatti la principale causa che sta
minacciando la sopravvivenza della specie. All’indomani mi sono ripresentato,
per vedere l’Avenue in versione tramonto. Stavolta ho pensato bene di prendere
un taxi, che mi costa subito una lunga contrattazione. E’ una Renault 4 rossa,
fortemente aggiaccata dal lato destro. Come usa spesso in terra malgascia, per
la messa in moto l’autista, Michel, un ragazzone alto e magro, con uno
sgargiante cappello multicolore di paglia, non usa la chiave, ma connette tre
fili sotto il cruscotto. Ci fermiamo a fare benzina. Scopro che la macchina non
ha serbatoio. L’autista riempie infatti una tanica, la posiziona sul sedile
anteriore, e la collega ad un tubo di gomma che esce dalla pedaliera. Penso che
sia meglio non fumare. Andiamo prima ai Baobabs amoreux. Sulla via del ritorno
verso l’Avenue, la gloriosa R4 comincia a schioccare e si adagia completamente
a destra. Il nostro scende, si intrufola sotto la macchina e dopo 5 minuti
ripartiamo, arrivando all’Avenue in tempo per lo spettacolo del tramonto. Mi
mescolo ai turisti, numerosi a questa ora. Ci sono anche una fila di bancarelle
che vendono souvenir a tema, ovviamente tutto sul Baobab. Il sole sta calando
velocemente sull’orizzonte completamente piatto, interrotto solo dai Baobab. E’
uno spettacolo indicibile, una incredibile tavolozza di colori africani che si
alternano in cielo, mentre i fusti si fanno sempre più rossi e le loro ombre
diritte si allungano sempre più verso di noi, che siamo controluce.
Per concludere, un’altra favola africana che vede ancora
protagonisti il Baobab e la iena.
Un giorno, la lepre partì nella savana e si distese
all’ombra di un grosso baobab. “L’ombra di questo albero è stupenda”, disse la
lepre “ma chissà se saranno buoni anche i suoi frutti?” Il baobab ne fece
cadere uno per terra, la lepre lo raccolse, lo mangiò e disse: “Il frutto è
davvero buono, ma lo sarà anche il ventre dell’albero?” Il baobab aprì una
fessura nel suo tronco e la lepre vide all’interno bellissime collane,
magnifici gioielli e bellissimi vestiti. La lepre non perse tempo, si
impossessò di alcuni preziosi e portò il bottino alla moglie che si vestì a
festa. La moglie della iena, che era amica della moglie della lepre, andata a
trovarla a casa, la vide stupendamente vestita ed ingioiellata. Tornata a casa,
fece una scenata al marito: “La moglie della lepre ha gioielli e vestiti straordinari
e tu non mi regali neanche il più miserabile vestito ed il più brutto dei
gioielli”. La iena andò a trovare la lepre e le chiese dove avesse trovato
tutto quel ben di dio. La lepre le mostrò il baobab e le raccontò come aveva
ottenuto tutti quei tesori. La iena fece tutto quello che aveva detto la lepre.
Una volta entrato nel ventre del baobab ebbe però il torto di gridare forte:
“Caro baobab, porterò tutto a casa mia!” Spaventato, il baobab, che aveva
sentito la iena, chiuse il tronco. La iena non poté più uscire e visse per
sempre nella pancia del baobab. Una volta si trovavano grandi ricchezze nei
baobab, ma da quando la iena volle prendersi tutto per sé, i baobab non aprono
più il loro tronco agli uomini. Le ricchezze del baobab ora sono tutte per la
iena. Ma che tristezza…non le può godere.
ma è una ricerca meravigliosa Grazie
RispondiEliminaGrazie è una ricerca meravigliosa
RispondiEliminama è una ricerca meravigliosa Grazie
RispondiEliminaMi sento più "ricco"; queste nozioni che ho letto con entusiasmo e tanta curiosità, hanno elevato la mia conoscenza e il mio spirito. Grazie.
RispondiEliminaFantastico...ora sono arricchita da questa lunga storia di Baobab ...cercavo belle immagini per un disegno e ho avuto molto di più
RispondiEliminaNon conoscevo nulla del baobab Ora grazie a te mi sento più ricca e apprezzo questo magnifico dono di Dio
RispondiEliminaA dire la verità, non sapevo nulla di baobab. Grazie!
RispondiEliminaPersone come te, ci arricchiscono la vita .
Meraviglioso!Altrettanto importante è il suo fiore.
RispondiEliminaGrazie, anch'io cercavo delle immagini e la correlazione con un testo teatrale del Ghana, dove un personaggio femminile chiave, nasce e ritorna da un Bao bab. Grazie ancora
RispondiEliminaChe bella questa ricerca! piena di scienza e di spiritualità, elogio alla grandezza della natura! Cercavo informazioni per valorizzare i tanto "spaventosi" Baobab della storia del Piccolo Principe e ho trovato infinite qualità di questi alberi meravigliosi...GRAZIE!
RispondiEliminaGrazie,oggi mi ho fatto una cultura di quest'alberi bellissimi,
RispondiEliminaMagico il tutto.
bravi ottime spiegazioni
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