giovedì 30 giugno 2011

Storie di Alberi: Lo Parot, il Padre di tutti gli Olivi



“Io ho ottantuno anni e, a dire la verità, ce l’ho sempre visto!”. Don Joaquin Badía Alcoverro, proprietario del terreno dove vive questo spettacolare olivo, scherza sulla sua età, che nessuno conosce con certezza, anche se si suppone che sia stato impiantato dai Romani, e che con i suoi duemila anni sia contemporaneo di Gesù Cristo. Lo Parot, il nome catalano, può essere tradotto come “il padre di tutti gli olivi”, ed in effetti questo esemplare è considerato come l’albero più vecchio di tutta la Catalogna, e forse dell’intera Spagna. Lo Parot cresce ad una altitudine di circa 550 mslm, presso il paesino di San Joan de la Horta, nella provincia catalana di Tarragona, in una regione, quella della Comarca di Terra Alta, dove l’olivo trova condizioni ideali di clima e terreno, e da produzioni di ottima qualità. San Joan della Horta è anche famoso per avere ospitato Pablo Picasso nel 1909, convalescente dalla scarlattina, il quale proprio qua trovò l’ispirazione che lo condusse a muovere i primi passi sulla strada del cubismo.


















Lo Parot misura a livello del suolo l’incredibile circonferenza di 17,30 metri, che si “riducono” a 7,45 m ad un metro e trenta da terra (altezza convenzionale per la misura di diametro e circonferenza delle piante). In questa parte basale il tronco assomiglia ad una enorme colata di cera che assume infinite forme suggestive. Parte del tronco risulta cavo al suo interno. Anche grazie alle cure del proprietario, che lo pota e lo concima regolarmente, come fa con gli olivi circostanti, la pianta dimostra una energia vitale ed un vigore vegetativo propri di un giovane albero, assolutamente impensabili per un simile vegliardo. Ed in autunno l’enorme quantità di olive che porta, ne piegano pesantemente le fronde verso la terra. Joaquin racconta che ne fa un olio “monopianta”, che tiene a parte, “un olio medicinale, studiato per le sue proprietà”. Forse questa è una esagerazione, ma sta di fatto che Lo Parot appartiene ad una varietà di olivo oggi sconosciuta, di cui è rimasto l’unico rappresentante, piuttosto diversa dalla varietà tipica della zona (che si chiama empeltre). Nel 1990 Lo Parot viene dichiarato Albero Monumentale e sottoposto ad una speciale tutela; nel 2008 gli è stato riconosciuto il Premio AEMO come “Migliore Olivo Monumentale di Spagna”.
Al congedarmi da lui, don Joaquin mi ha mostrato con orgoglio le piccole piante che ha riprodotto da Lo Parot l’anno scorso: un commovente esempio di passione e di generosità per le future generazioni. 


   

martedì 21 giugno 2011

Un racconto per l'Estate: il Ritorno di Arnolfo Bandarello

Pompei, Particolare di muro di cinta

Era un venerdì qualunque di una primavera alquanto restia a decollare.
Proprio qualunque non era (e soprattutto non lo sarebbe stato, ma ancora non potevo saperlo), in quanto, essendomi la mattina inviato, la parola svegliato non esistendo più nel mio vocabolario, moderatamente arzillo e di buon umore, avevo deciso di concentrare il mio karma yoga settimanale, accuratamente disatteso nei giorni precedenti, in quella sola mattinata, e di mettere finalmente mano alla targa che campeggia in sinistra di casa mia, su cui è disegnato un Om e dipinto, con calligrafia invero assai incerta ed infantile, ovvio d’altronde è la mia, il nome della casa, ovvero “il Demonio”. La suddetta targa è formata da una cornice di 12 elementi che racchiude 8 mattonelle, delle quali, al momento dell’intervento programmato, solo una era ancora appiccicata alla parete e quindi era tempo di agire, prima che la sua caduta mi privasse della necessaria guida appositiva. Si trattava solo di incollare, a guisa di mosaico, i mille pezzi in cui si erano frantumati gli originali. Un lavoro che una mente sana poteva portare a termine, diciamo, massimo in una oretta. Io avevo già trascorso tre ore buone prono sul marciapiedino antistante, anch’esso da ripristinare, è oramai diventato uno scassapiedino, nel tentativo di una ricomposizione preventiva, visto che non mi potevo certo mettere a cercare i pezzi una volta sulla scala, e non ne ero ancora venuto a capo.

venerdì 17 giugno 2011

"Una di queste mattine mi sveglio morto"
Franco


Franco lo incontrammo on the road, poco fuori Barcellona, io ed il Presidente durante un memorabile viaggio in Andalusia. Andammo insieme fino a Tarragona in autostop (allora c'era ancora qualcuno che ti caricava, oggi questa nobile pratica è scomparsa, e comunque c'è da avere paura per l'autostoppista a salire in macchina con uno sconosciuto, visto i tempi che corrono!!). Franco era la prima volta che usciva d'Italia, non aveva una lira in tasca (già battuta cassa, con modesto successo, al consolato italiano di Barcellona, contava di rifarsi con il successivo); era un pò smandruppato, e non sapeva bene cosa fare nella vita (chi di noi lo sa?), però aveva un animo semplice e gentile. Lo lasciammo la sera dopo: si era addormentato in spiaggia ed era pressochè ustionato.

mercoledì 15 giugno 2011

Storie di Alberi: il Castagno dei Cento Cavalli

E verso il termine di questo incanto di viaggio si sbocca in faccia al mare, donde si vede ancora disegnarsi lassù, sopra il candore delle nevi etnee, quanto resta dello smisurato Castagno dei Cento Cavalli, e dall’altra parte la bellezza sovrana di Taormina, quasi sospesa nell’azzurro…(Edmondo de Amicis).

Sant'Alfio (CT)  Castagno dei Cento Cavalli


Così l’autore di Cuore ricorda questo meraviglioso patriarca della Natura che vive ancora, in discreto stato di salute nonostante la veneranda età, in Sicilia, sulle pendici orientali dell’Etna, poco distante dal paesino di Sant’Alfio (Catania), nel Bosco di Carpinetto, ad una altitudine di circa 550 mslm.

Il Castagno in questione è considerato l’albero con maggiore circonferenza del tronco di tutta Italia, uno degli alberi più vecchi d’Europa, ed il castagno più antico della terra. Di sicuro è la pianta italiana più conosciuta a livello internazionale (insieme, forse, ai Larici della Val d’Ultimo), anche grazie ai racconti, dipinti e stampe prodotte dai numerosi viaggiatori ed artisti stranieri che ebbero modo di visitarlo, in particolare durante il XVIII° ed il XIX° secolo.
Narra una leggenda popolare che un violento temporale sorprese una Regina del Regno di Napoli, e la sua scorta di oltre cento cavalieri, durante un viaggio sull’Etna; tutta la comitiva trovò riparo e trascorse la notte sotto la chioma dell’albero, che da allora venne conosciuto come Castagno dei Cento Cavalli. La Regina è stata negli anni identificata con diversi personaggi storici: Isabella d’Inghilterra, Giovanna I d’Angiò, Giovanna II d’Angiò, Giovanna d’Aragona, tutte consorti di Re di Napoli, vissute a partire dal 1200 fino al 1450. In realtà non esiste alcun documento che certifichi l’evento. Il nome dato all’albero è comunque una interessante testimonianaza dell’antica usanza di definire la grandezza di una pianta dal numero di animali che poteva ospitare sotto la propria chioma, e di attribuirle talora un nome che ne ricordasse tale capacità.



Le prime notizie storiche relative alla pianta risalgono al 1500, laddove si trova citata in alcune opere locali, descritta come un maestoso castagno per l’età, capace di ospitare trenta cavalli (don Pietro Carrera), o come un albero che in meraviglia avanza le piante lodate da Plinio, ed il suo gran tronco cavato dalla Natura dona albergo a pecore, a capre, a pastori, a lavoratori del monte. E talora si è veduta mandria di trecento pecore sotto di esso. (Antonio Filoteo).
Le prime misurazioni abbastanza attendibili delle sue dimensioni risalgono al 1770, ad opera di Patrick Brydone, che misurò una circonferenza di 62 metri ed un diametro di 20 metri; dieci anni dopo il Conte di Borch misurò invece una circonferenza di 57 metri. Ora, sebbene la tradizione voglia che il Castagno fosse un tempo un unico albero, in effetti le sue prime descrizioni parlano di 5 distinti alberi che diversi studiosi dell’epoca, e successivi, fanno derivare da un unico apparato radicale. Tecnicamente si può parlare di polloni (indivui generati agamicamente da una gemma dormiente della ceppaia), derivanti dalla stessa ceppaia. Le misure sopra riportate si riferiscono quindi all’intera area occupata dai cinque polloni.

Jean Pierre Houël   1777 circa

Nel 1700 all’interno dell’albero trovava posto una casa in cui abitava una famiglia, come testimoniato dal dipinto di Jean Pierre Houël, ed un metato per seccare le castagne, che pare fossero molto pregiate, e la cui produzione è lecito pensare che fosse ragguardevole.
Nel 1745 il Tribunale dell’Ordine del Real Patrimonio di Sicilia pone sotto tutela il Castagno dei Cento Cavalli, emanando un provvedimento che rappresenta probabilmente il primo atto di tutela ambientale in Sicilia. Nel 1965 il terreno su cui sorge viene infine espropriato ed il Castagno è dichiarato monumento nazionale.

Attualmente, il Castagno dei Cento Cavalli è costituito da tre polloni, gli altri due essendo stati distrutti dal fuoco, uno nel 1923, e l’altro recentemente, ad opera di turisti incauti, cosa che ha imposto la recinzione completa dell'albero. I tre polloni hanno una circonferenza rispettiva di 13, 20 e 21 metri, che ne fanno veramente dei campioni del mondo vegetale. L’altezza massima è di 22 metri, la circonferenza dell’area occupata dalle tre piante è di 55 metri. In quanto all’età, gli si attribuiscono allegramente dai duemila ai quattromila anni: nell’impossibilità di una determinazione certa, questi valori ne vanno comunque ad accrescere il fascino. 

Arrusbigghiasonnu   Castagno di Sant'Agata, o della Nave
 
A poche centinaia di metri dal precedente, vive un altro imponente castagno millenario, conosciuto come Castagno della Nave, ma anche come Castagno di Sant’Agata, o con il curioso nome di Arrusbigghiasonnu (risveglia sonno). Il suo tronco ha una circonferenza di circa 20 metri ed un altezza di 19; è considerato il secondo castagno italiano per grandezza ed età, ed uno dei più grandi d’Europa.  

lunedì 13 giugno 2011

VITTORIA!!!!!

Sono incollato alla radio. L'entusiasmo che giunge da tutte le piazze d'Italia è commovente. Grazie a tutti, grazie al vostro ed al nostro impegno, grazie a tutti quelli che non hanno mai smesso di lottare, grazie a coloro che hanno ancora un cuore forte e generoso.
Ed ora, TUTTI A CASA. Ya basta! Basta con i puttanieri ed i corrotti, basta con i parassiti senza dignità, basta con tutti quelli che innalzano a rango di verità assoluta le pulsioni più basse dell'animo umano, la meschinità del fare soldi, l'odio per i fratelli gay ed extra comunitari (non svizzeri!). Avete cercato di spengere la nostra dignità, la nostra sensibilità, il nostro amore, affogandoci in un mare di insulsa televisione, di esempi deleteri, di pochezza umana e culturale. Andatevene affanculo tutti quanti, politici di governo. La storia ce l'ha insegnato: arriva un giorno in cui le peggiori dittature crollano come un castello di carta, in cui la parte migliore dell'uomo prende il sopravvento, ed in cui i nostri cuori si riempiono di speranza e di gioia.

domenica 5 giugno 2011

"Chiome ondeggianti dei faggi,
siete voi che muovete i venti nel cielo? "

mercoledì 1 giugno 2011

Rombiciaio

L'amore e la passione per la Natura mi sono state trasmesse da mio padre. Accompagnarlo in foresta quando vi si recava per seguire i lavori era per me una festa ed una fonte di conoscenza. Camminavamo a lungo, se eravamo soli in silenzio quasi totale, poi ci fermavamo ad osservare qualcosa. Certo lui aveva da fare, ma aveva sempre tempo anche per me. Così mi insegnava i nomi delle piante e delle montagne, la vita segreta degli alberi e dei funghi, le proprietà delle erbe del sottobosco. "Vedi - mi disse una volta - le foglie sono le facce della foresta, e come quelle delle persone sono ognuna diversa dall'altra. ed hanno infinite tonalità e variazione di verde. Solo allo sguardo frettoloso le cose dello stesso genere appaiono tutte uguali". Ricordo con immensa nostalgia la prima volta che mi ha portato a Rombiciaio, nella Foresta del Teso. Ai miei occhi di bambino quel bosco ai lati del sentiero pareva immenso ed incantato. Rombiciaio si trova a cavallo di un crinale, laddove lo stesso si raddolcisce a formare un pianoro. I grandi faggi si fanno più radi, ed il suolo è coperto da sempre da un soffice tappeto di basse erbe color verde smeraldo. Quel giorno c'era una distesa sterminata di funghi rossi con i pippi bianchi, come avevo visto in quel libro di fiabe illustrate che mio padre mi leggeva prima di dormire. Negli anni quel posto è per me diventato un magico luogo di potere: ci sono andato quando ero felice e quendo ero triste, ci ho portato le persone più care come dono importante, ho visto il bosco cambiare di anno in anno, ed i faggi divenire sempre più grandi. Le amanite si sono fatte molto rare lassù. E quelle sensazioni della prima volta, non le ho più provate se non nel ricordo. Ma, soprattutto, mi è sempre mancata la presenza di mio padre.